A dirlo è il noto climatologo Andreas Fischlin, che rivela: «Non sottovalutate i cambiamenti climatici. Tutto succede da lì. La Svizzera diventerà un paese del Mediterraneo»
LUGANO - In queste ore gli elicotteri del Dipartimento federale della difesa stanno ancora sorvolando diverse zone in Ticino e nei Grigioni coinvolte negli scorsi giorni dagli incendi. A distanza ormai di sei giorni, la situazione non è per niente tranquilla. Le braci nascoste potrebbero prendere vigore in qualsiasi momento. Ma com’è possibile che d’inverno possano svilupparsi incendi? Ce lo spiega il climatologo Andreas Fischlin, professore dell’Ecologia dei Sistemi Terrestri all’Università di Zurigo (ETH). Un ricercatore che per i suoi studi sui cambiamenti climatici ha ottenuto notevoli riconoscimenti. È stato anche nel Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico che nel 2007 ha ottenuto il Nobel per la pace.
Professor Fischlin, gli incendi scoppiati in Ticino e nei grigioni sono del tutto eccezionali?
«Direi di sì, soprattutto se si considera le singolari condizioni climatiche. Ci sono diversi fattori insoliti che in determinate condizioni possono portare ad un incendio boschivo. In queste settimane il clima è stato molto secco, non c’è neve, ma c’è vento caldo, il favonio, e questo contribuisce a ridurre l’umidità. In Ticino il vento ha reso secca la terra e ha permesso quindi al fuoco di estendersi. Con una terra fatta di foglie secche e rami morti il fuoco si diffonde in un battibaleno».
Gli incendi di inverno capitano spesso?
«No. L’incendio è un fenomeno solitamente estivo. Ma è successo che nello scorso autunno, sia in Ticino sia nei Grigioni, ci sono state scarsissime precipitazioni, e questo ha creato un clima eccessivamente secco. Inoltre le temperature insolitamente alte delle scorse settimane hanno fatto la loro parte».
Dunque dobbiamo mettere in conto che in Svizzera ci potrebbero essere altri incendi prossimamente?
«Ebbene sì. È un rischio da prendere in conto, e anche nei luoghi più insoliti. Il cambiamento climatico porterà in estate ulteriori ondate di calore. Questo vuol dire clima ancora più secco. A quel punto basta un fulmine, una sigaretta spenta male o perfino un fiammifero per scatenare un incendio».
Gli incendi diventeranno una consuetudine anche in inverno?
«È molto difficile da prevedere. I modelli climatici mostrano che in futuro pioverà di più d’inverno e meno durante l’estate. Ma non si può ancora stabilire esattamente la quantità e la distribuzione della pioggia nei mesi invernali. Tuttavia un autunno secco potrebbe aumentare la possibilità di incendi boschivi durante l’inverno: gli incendi che stanno facendo ardere le foreste sono causati proprio dalla mancanza di precipitazioni durante i mesi autunnali. Le previsioni concordano comunque che i roghi boschivi resteranno tipici soprattutto durante l’estate».
La causa di questi roghi potrebbe essere il cambiamento climatico?
«In Svizzera, se il cambiamento dovesse proseguire, potrebbe presto diffondersi un clima Mediterraneo. Paesi come il Portogallo, la Spagna, l’Italia o la Grecia sono costantemente confrontati con gli incendi boschivi durante l’estate, soprattutto a causa della siccità. Il terreno a causa delle temperature elevate e della poca pioggia tende a seccare facendo evaporare l’acqua. Se questa tendenza si confermerà anche in Svizzera dobbiamo aspettarci più roghi nel periodo estivo rispetto a quelli odierni».
Quali sono le conseguenze?
«In alcune zone sensibili, come ad esempio il Canton Vallese, i boschi tenderanno a scomparire. Anche nel resto del Paese il paesaggio cambierà notevolmente. Il futuro di molte specie di alberi è a rischio in diverse parti della Svizzera».
Quali le specie a rischio?
«Ad esempio l’abete. Questo tipo d’albero è molto più sensibile alla siccità rispetto agli altri. Il problema è serio visto che questa pianta è indispensabile pure dal punto di vista economico oltre che da quello naturalistico. Ma quella della salvaguardia degli abeti non sarà l’unica sfida che dovremo affrontare».
Quali saranno le altre?
«A causa degli incendi saranno a rischio anche le foreste di protezione, molte diffuse in Svizzera. Esse proteggono villaggi, strade e la ferrovia dal pericolo di valanghe, caduta massi e frane. La costruzione di ripari non è solamente costosa ma è pure complessa e poco efficace. La presenza di alberi garantisce infatti la stabilità del pendio, cosa che i ripari non fanno».
Cosa fare per evitare questo “disastro”?
«Dobbiamo lottare contro il cambiamento climatico. Nel lungo periodo è l’unica soluzione possibile e attuabile anche a livello di costi».