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CADENAZZO"Dopo la morte di Cristina, tre mesi di dolore"

12.08.11 - 16:18
Arnaldo Caccia, padre della giovane vittima dell'attentato di Marrakesch: "E ora dovremo trovare il coraggio di andare a trovare Morena".
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"Dopo la morte di Cristina, tre mesi di dolore"
Arnaldo Caccia, padre della giovane vittima dell'attentato di Marrakesch: "E ora dovremo trovare il coraggio di andare a trovare Morena".

CADENAZZO – “E adesso dovremo trovare il coraggio di andare a trovare Morena”. Arnaldo Caccia, padre di Cristina, una delle vittime del terribile attentato di Marrakesch, apre il suo cuore il giorno dopo il ritorno a casa dell’unica sopravvissuta ticinese. Nei prossimi giorni andrà anche lui a Lavorgo, a visitare Morena Pedruzzi. “Non so quali parole userò – spiega il vice sindaco di Cadenazzo –. È tutto così difficile. Da quando non c’è più Cristina, io e la mia famiglia viviamo nel dolore. Stiamo cercando di ripartire. Anche Morena sta cercando di iniziare una nuova vita...”

Processo - Sono passati più di tre mesi da quel drammatico 28 aprile. Sono passati più di tre mesi anche dal 6 maggio, giorno in cui, dopo una settimana di speranze, Cristina è spirata. “Ma per noi, purtroppo, non è cambiato nulla – dice Caccia –. La ferita non si chiude e probabilmente non si chiuderà mai. È una cosa durissima da accettare”. In questi giorni Arnaldo Caccia si sta interessando al processo nei confronti degli attentatori, che, dopo una fase iniziale, ripartirà il prossimo 18 agosto in Marocco. “Dobbiamo decidere con l’avvocato se schierarci come parte civile. Quando penso al giovane che ha piazzato la bomba all’Argana Cafè, provo una grande pena. Mi chiedo come sia possibile che un ragazzo di 25 anni possa vendersi o farsi manipolare a tal punto da fare una cosa del genere”.  

Ricordi - Arnaldo Caccia è ancora in stretto contatto con le famiglie delle altre due vittime ticinesi, Corrado Mondada e André Da Costa. “Ci sentiamo abbastanza regolarmente, cerchiamo di farci forza. In questi mesi tremendi molta gente ci ha manifestato calore, ho ricevuto telefonate addirittura dal Canada. Ringrazio tutti. È chiaro che nessuno può capire davvero cosa stiamo provando finché non vive a sua volta un incubo del genere. È comprensibile”. Il padre di Cristina nel frattempo è pure tornato a lavorare, presso l’ufficio dei registri del distretto di Mendrisio. “Ma per adesso solo al 50%. Vado a lavorare alla mattina presto. Poi al pomeriggio sono a casa. Ed è lì che sto peggio, perché quando non ho la mente occupata riaffiorano tutti i ricordi. Anche mia moglie Neva sta male. Avevamo già perso un figlio 24 anni fa, era malato di cancro. Due anni e mezzo di cure vane. La nascita di Cristina per noi rappresentava l’inizio di una nuova vita. Anche adesso dobbiamo iniziare una nuova vita, una vita senza figli”. 

P.M.

Foto Keystone

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