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BOSNIASassi contro il premier serbo, Vucic cacciato da Srebrenica

11.07.15 - 20:23
Il premier serbo è stato centrato in più parti, anche al volto e i suoi occhiali sono andati in frantumi
Sassi contro il premier serbo, Vucic cacciato da Srebrenica
Il premier serbo è stato centrato in più parti, anche al volto e i suoi occhiali sono andati in frantumi

POTOCARI - Una folla di musulmani inferociti ha cacciato oggi a sassate il premier serbo, Aleksandar Vucic, che aveva partecipato alla cerimonia-omaggio alle vittime del massacro di Srebrenica di 20 anni fa. Vucic è stato bersagliato da sassi - diversi dei quali lo hanno colpito, uno dei quali in faccia, mandando in frantumi gli occhiali -, scarpe e bottiglie e si è dovuto allontanare precipitosamente in un concerto di fischi: un incidente che ha creato uno shock e ha fortemente turbato le commemorazioni solenni del massacro, che fino a quel momento si erano svolte in modo calmo e solenne.

La violentissima contestazione è avvenuto quando Vucic e il resto della delegazione di Belgrado stavano lasciando il cimitero-memoriale di Potocari, a qualche chilometro da Srebrenica, in cui sono sepolti i resti a cui è stato finora dato nome fra gli oltre 8000 musulmani sterminati dai serbo-bosniaci di Ratko Mladic.

Vucic si trovava su una parte della spianata che sovrasta il campo di migliaia di stele bianche dell'immenso cimitero contro il premier serbo. Il premier serbo è stato centrato in più parti, anche al volto e i suoi occhiali sono andati in frantumi. Alcuni facinorosi hanno tentato di oltrepassare le transenne e di aggredire gli uomini della sicurezza di Vucic, che hanno tuttavia prontamente reagito, difendendo il premier e ingaggiando anche colluttazioni con gli assalitori, che avevano anche mostrato un enorme striscione con la scritta: "Per ogni serbo 100 musulmani", frase più volte ripetuta da Vucic negli anni '90, quand'era ministro del governo nazionalista di Slobodan Milosevic.

La situazione è tornata alla calma dopo un intervento pacificatore dell'imam Hussein Kavazovic, capo della comunità islamica in Bosnia-Erzegovina, che ha invitato la folla a "mantenere la dignità nel dolore" e a "non permettere il trionfo di chi ha causato tale dolore". L'imam ha al tempo stesso citato un insegnamento di Maometto, che recita: "Quando viene un notabile di un altro popolo, mostrategli rispetto".

Immediate e dure le reazioni a Belgrado, dove l'aggressione è stata considerata un attacco all'intero popolo serbo. Il ministro degli esteri, Ivica Dacic, ha parlato di attacco contro "la politica di pace e cooperazione regionale della Serbia". Il ministro dell'interno, Nebojsa Stefanovic, ha apertamente evocato il "tentato omicidio": "La Bosnia- Erzegovina - ha detto - non ha rispettato i suoi obblighi di garantire la sicurezza del premier serbo". Durissimo anche il leader serbo-bosniaco Milorad Dodik, mentre la responsabile della politica estera Ue, Federica Mogherini - che all'ultimo momento ha disdetto la sua presenza a Srebrenica per altri impegni inderogabili -, ha espresso piena solidarietà al premier serbo del quale ha esaltato la sua "scelta storica" a favore della riconciliazione. Lo stesso Vucic, in una prima reazione all'aggressione nel corso di una seduta straordinaria del suo governo, si è mostrato peraltro conciliante, affermando che "la mano della riconciliazione rimane tesa".

Le cerimonie di commemorazione per i vent'anni dal genocidio di Srebrenica si erano aperte stamane con l'omaggio alle 136 salme di vittime identificate negli ultimi 12 mesi con l'analisi del Dna. Da oggi nel cimitero di Potocari vi sono 6377 sepolcri che da due decenni pesano come un macigno sui rapporti fra Belgrado e Sarajevo. E sulla coscienza della comunità internazionale, a cominciare dalla Nazioni Unite, i cui caschi blu olandesi nel luglio 1995 non fecero nulla per difendere le migliaia di musulmani in fuga e rifugiatisi nella 'zona protetta', sotto la loro tutela, di Srebrenica.

Proprio su questo hanno insistito i numerosi leader mondiali presenti alla commemorazione nell'enorme capannone ex fabbrica di batterie per auto ed ex base dei caschi blu. Ad attirare l'attenzione generale è stato in particolare l'ex presidente americano Bill Clinton, in carica negli anni dei sanguinosi conflitti nei Balcani. "Quello che ho fatto come presidente Usa in Bosnia e poi in Kosovo è stata una delle mie azioni più importanti", ha detto Clinton con riferimento all'intervento militare Nato in Bosnia. "Io amo questo posto - ha osservato - non vorrei mai più rivedere un simile patibolo, neanche a migliaia di chilometri di distanza".

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