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INTERVISTA"I profughi devono essere considerati come i nostri vicini di casa, non sono diversi da noi"

23.02.13 - 14:27
Mentre in Ticino si teme l’apertura di nuovi centri, dalla Germania arriva l'esempio di Jana Radant, sindaco filosofo che ci spiega come ha affrontato l'arrivo dei profughi nel suo comune
Foto internet
"I profughi devono essere considerati come i nostri vicini di casa, non sono diversi da noi"
Mentre in Ticino si teme l’apertura di nuovi centri, dalla Germania arriva l'esempio di Jana Radant, sindaco filosofo che ci spiega come ha affrontato l'arrivo dei profughi nel suo comune

WANDLITZ - Un sindaco donna, filosofo e appartenente a una lista civica. Si chiama Jana Radant e da fine 2011 è il sindaco di Wandlitz, cittadina di 20mila abitanti alle porte di Berlino. Nel suo Comune l’arrivo di 50 richiedenti asilo e l’apertura di un centro per accoglierli ha destato un’iniziale diffidenza tra i cittadini, che ha poi lasciato spazio alla solidarietà e all’accoglienza. Abbiamo raggiunto telefonicamente il sindaco, qualche giorno dopo la trasmissione di un servizio televisivo della RBB, in cui veniva mostrata la calorosa accoglienza rivolta ai nuovi ospiti, con tanto di giocattoli donati dai bambini di una scuola dell’infanzia di Wandlitz. Vogliamo capire con quale spirito il Comune si sia assunto la responsabilità di accogliere 50 profughi e in che modo la politica locale ha fatto fronte a questa decisione imposta dal governo regionale.

Sindaco Radant, le immagini mostrate dalla RBB nel suo servizio corrispondono a verità?
"Si, quello che ha visto corrisponde alla realtà. Se questa situazione positiva resterà, soltanto il tempo potrà dirlo".

Oggi la situazione come si presenta?
"La situazione è molto buona. E' tutto tranquillo, come ci auguravamo. I rifugiati  sono andati alla visita medica e la dottoressa è rimasta colpita dalla loro gentilezza. Va tutto a meraviglia. Una rifugiata è incinta e la dottoressa che abita a due passi dal centro si è offerta di assisterla con regolarità, perché  vuole accertarsi che il bambino nasca sano".

All'inizio, però, tra i cittadini si è assistito a una forte diffidenza
"Rispetto a quella iniziale, abbiamo potuto assistere a uno sviluppo molto positivo della situazione. A fine ottobre abbiamo ricevuto dal nostro Consiglio regionale la notizia della decisione di aprire un centro per richiedenti asilo a Wandlitz. Noi avevamo progetti di tutt'altra natura: lì dove era previsto l'arrivo dei profughi, volevamo aprire una scuola privata e un centro giovanile, ma non ci è stato possibile farlo. In Comune si era sollevata un'ondata di indignazione ed erano molti coloro che si erano chiesti perché non fossimo stati interpellati, prima di adottare la decisione presa dal nostro consiglio regionale".

Se un Comune non è d'accordo di accettare dei richiedenti asilo, questi  ultimi vengono sistemati altrove?
"No. Quando il governo regionale decide di assegnare dei richiedenti asilo a un Comune, quest'ultimo è obbligato ad accoglierli. E da noi l'iter è stato molto rapido. Si sapeva che uno stabile di proprietà del circondario di Barnim, una vecchia scuola in disuso, sarebbe stata subito a disposizione".

A quel punto come ha reagito la popolazione?
"I cittadini che abitano nelle vicinanze del centro sono stati i primi a manifestare indignazione. Temevano che il valore dei loro immobili si dimezzasse a causa della presenza di questi ospiti. I loro timori li capisco e ho cercato di affrontare la situazione nel miglior modo possibile".

E lei come ha affrontato questa situazione?
"Ho deciso immediatamente di indire un'assemblea popolare alla quale avrebbero potuto partecipare tutti i cittadini. La partecipazione è stata altissima. C'erano oltre 400 persone. Presenti vi erano anche dei rappresentanti del governo regionale e distrettuale.  Abbiamo risposto alle domande dei cittadini, anche se era a tutti chiaro che non vi era altra scelta che quella di accogliere queste persone".

L'obbligo di accogliere queste persone lei come lo giudica?
"Positivamente. Per noi è una sfida. Abbiamo reagito subito, informando i nostri cittadini sul nostro portale internet della situazione e spiegando la nostra concezione di centro per richiedenti asilo. La reazione è stata positiva, grazie anche al fatto che a Wandlitz vi è un alto numero di persone con alta scolarizzazione che lavora a Berlino ed è abituato ad essere confrontato con  una città di livello internazionale".

Wandlitz era anche conosciuta per essere stata una città dove abitavano i vertici della DDR, come il presidente Erich Honecker e uomini importanti della Stasi...
"Sì, ai vecchi tempi. Ma Wandlitz è conosciuta oggi per la sua natura. Il 50% del  territorio comunale è costituito da boschi e acqua. E sono molte le persone, soprattutto di buona formazione, che da Berlino si trasferiscono da noi per godere della tranquillità e del verde di una cittadina che è servita da una rete di trasporto pubblico molto efficiente. ".

Dopo l'assemblea cos'è successo?
"L'assemblea è stata tesa e difficile, ma alla fine, a prevalere sono state le molte offerte di aiuto da parte dei cittadini. Addirittura ne sono arrivate anche da residenti in comuni a noi vicini. C'è chi ha offerto di pagare la retta all'asilo nido per i bambini. Abbiamo ricevuto biciclette, giocattoli, il liceo di Wandlitz ha aperto le sue porte. E vi sono persone che si sono messe a disposizione per permettere agli ospiti di seguire corsi di tedesco. Ma non solo. E' stata creata una tavola rotonda composta da 15 persone. Persone  che lavorano e si coordinano per assicurare che tutto proceda nel migliore dei modi”.

E poi c'è lo striscione di benvenuto appeso sul muro…
"Sì, ma questo striscione, scritto in diverse lingue del mondo, non è soltanto  rivolto ai profughi, ma a tutti gli ospiti che giungono a Wandlitz. E non ce n’è soltanto uno. Ne sono stati appesi diversi in città, su stabili e chiese".

Quali saranno i problemi a lungo termine?
"Le famiglie se ne devono andare dal centro entro tre mesi. Il termine è questo e quindi si presenta loro il problema dell'alloggio, di trovare un appartamento. E perciò è facile immaginare che molte di esse se ne andranno via da Wandlitz, e questo è un peccato".

Perché tre mesi?
"E’ il Circondario a stabilire questo termine. Un termine che si basa dalla constatazione per cui una famiglia non può trovare un ambiente ideale e adatto per un periodo più lungo di tre mesi in un centro di accoglienza. E quindi è meglio per loro l'alloggio in un appartamento".

Da noi in Ticino e in Svizzera ci sono molti richiedenti dal Nordafrica, giovani e soli, che fanno parte di quella categoria di persone chiamata "richiedenti l’asilo economici". Da voi com'è la situazione?
"I nostri arrivano dal Vietnam, Cecenia ed altre repubbliche ex sovietiche, Iraq, Iran, Camerun e Kenya. Ci sono famiglie, ma anche molti giovani uomini. Lasciare la propria patria non è mai facile. Per quanto riguarda i richiedenti asilo economici preferisco non esprimermi, saranno le autorità a decidere".

Se la loro richiesta non sarà accettata, quale sarà il loro destino? Dovranno andarsene dalla Germania?
"Sì, se ne dovranno andare. Vede, a Wandlitz c'è un quartiere chiamato Schönwalde, che fu fondato per il volere del nostro Imperatore di Prussia Federico II. In quel villaggio vennero ospitati degli svevi (Svevia, regione corrispondente alla regione del Württemberg, con capoluogo Stoccarda, una delle regioni più produttive e ricche delle Germania, ndr), che stavano morendo di fame. Era il 1780. Non dobbiamo scordarci della storia. Io sono una ex cittadina della DDR e mi ricordo bene quei miei concittadini che volevano andarsene all'Ovest, non tanto per motivi politici, ma per poter godere della ricchezza occidentale. Anche loro volevano una vita migliore sotto il punto di vista economico. Come possiamo noi, in un mondo così globalizzato come il nostro, fatto di telefonini e internet, proibire agli altri di vietare di vivere i propri sogni?"

Da noi si critica il fatto che molti di essi non hanno nulla da fare e quindi passano il loro tempo a bere e bighellonare...
"No, da noi non succede. Anche perché non ricevono così tanti soldi, come immagino da voi".

Quanti soldi riceve un richiedente asilo in Germania?
"5000 euro all'anno, compreso l'alloggio. Sono circa 300 euro al mese. E noi cerchiamo almeno che essi possano avere una bicicletta a disposizione per potersi  muovere, scoprire la nostra natura e poter andare a fare la spesa. In tutti i casi ci stiamo impegnando affinché possano essere creati gruppi di lavoro per poterli occupare  in lavori di giardinaggio e di manutenzione del verde. Se loro non tolgono il lavoro agli altri, è giusto che sia data loro la possibilità di lavorare e guadagnarsi  qualcosa".

Ma cosa succede se queste persone vengono integrate con il lavoro e poi se ne devono andare perché la loro richiesta di asilo non viene accettata?
"Le procedure di valutazione di una singola richiesta possono durare molto tempo, fino a sette anni. Ed in questo periodo noi dobbiamo fare in modo che i richiedenti asilo vengano trattati alla pari degli altri cittadini. Non è facile, anche se penso che in futuro, visto il calo demografico al quale stiamo assistendo in Germania, il legislatore reagirà di conseguenza. Anche perché in Germania assisteremo a un fenomeno, quello della mancanza di forza lavoro, che ci obbligherà a prendere tipi di scelte più flessibili nella politica di immigrazione".

Wandlitz è una cittadina della ex DDR, uno stato in cui la percentuale di stranieri arrivava a malapena all'1% e i suoi cittadini non erano abituati a società aperte come quelle occidentali...
"C'erano cubani, ungheresi, vietnamiti. Ma gli stranieri erano molto pochi, è vero. La mia speranza è che possiamo affrontare la situazione con la necessaria intelligenza e che l'entusiasmo non si spegni. Noi cerchiamo di far capire ai nostri cittadini che siamo sempre disponibili ad aiutarli e a prendere sul serio i loro timori. L'ignoranza rappresenta il più grande problema".

La sua politica, da quanto si intuisce, in ogni caso non cerca di strumentalizzare il caso "richiedenti asilo" per fini di tornaconto elettorale...
"No. Noi non fomentiamo le paure. Ci sono persone che vivono con le loro paure, che derivano dalle loro esperienze di vita, dalla loro formazione. A dire la verità non ci aspettavamo di riuscire a gestire questa situazione così bene. Ora dobbiamo fare in modo che i richiedenti asilo siano accettati come parte integrante della quotidianità della nostra comunità. Non devono essere visti  come "caso eccezionale" o diversi dagli altri. Devono diventare dei normali vicini di casa. Se riusciamo ad arrivare a questo traguardo, avremo già compiuto una bella impresa".

 

 

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