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CORRISPONDENZE ESTERO"Dall'Uruguay vi parlo di Pepe, il presidente più modesto del mondo"

21.12.14 - 23:42
di Francesco Magistra, ieri in Ticino oggi in Uruguay
"Dall'Uruguay vi parlo di Pepe, il presidente più modesto del mondo"
di Francesco Magistra, ieri in Ticino oggi in Uruguay

MONTEVIDEO - Mai un presidente dell'Uruguay è stato tanto conosciuto come l'attuale, José Mujica, detto Pepe. Sui Social Network non è difficile trovare il suo famoso discorso davanti alle Nazioni Unite di New York o qualche sua intervista, le foto della sua auto ufficiale – un maggiolino vecchio di 30 anni – o della sua modestissima dimora che ha mantenuto durante tutta la durata del suo mandato, che scadrà il prossimo 1. di marzo. 

Questa immagine di sé che è riuscito a crearsi il vecchio guerrigliero – si parla di decine di morti che avrebbe sulla coscienza e di molti anni trascorsi nelle prigioni e nelle sale di tortura della dittatura negli anni '60-'70) – non è però condivisa nel paese. Al di là dell'indifferenza vi è addirittura un astio al suo comportamento anticonformista su piano internazionale. Il “mondo” infatti l'ha conosciuto solo dopo la sua elezione nel 2009, all'etá di 74 anni. Il suo stile di vita modesto era però conosciuto da tutti in Uruguay, ma non condiviso nemmeno dalla classe più marginale che lo considerano per lo meno “strano” - loro, se diventassero presidenti, certamente non vivrebbero come lui; ma tutto sommato il popolo lo rispetta per quello che è. Il bilancio del suo governo – che si sta stilando in queste settimane – non dà però ragione di entusiasmo. Fra le sue priorità 4 anni fa infatti vi erano

Una trasformazione del settore educativo – bloccata peró sul nascere dal sindacato dei maestri
La trasformazione del paese da un paese basato sul settore primario e turistico in una piattaforma di servizi – a rispecchiare il modello Svizzero nel paese anche chiamato “la Svizzera del Sudamerica” - per i colossi vicini (Brasile e Argentina). Ma la sua politica di sinistra non ha saputo entusiasmare gli investitori.

Proprio per il settore primario aveva in programma una sua trasformazione verso un agricoltura più vicina alla natura; la realtà oggi è che l'Uruguay si trova pericolosamente vicino a un disastro ecologico, con il suo settore agricolo votato alle semenze transgeniche e all'uso incontrollato di erbicidi, pesticidi e funghicidi. La dipendenza dalle grandi multinazionali “padrone della vita” é ormai quasi totale – nel paese oltre il 90% delle coltivazioni sono fatte con semenze transgeniche comperate da ditte come la Monsanto.

Nel suo idealismo aveva lanciato il “Plan Juntos”, che avrebbe dovuto aumentare il numero di residenze per la classe più povera. Il piano poggia su donazioni, volontariato e una solidarietà che però non si è mai trovata nel popolo.

La razionalizzazione dell'apparato amministrativo ha avuto magrissimi risultati. Oggi lo stato ha un controllo perfetto sui movimenti degli stranieri e dei suoi cittadini, ma per fare una patente di guida è sempre ancora richiesto il “carnet de salud”, un documento inventato per migliorare la salute pubblica, obbligando i cittadini a sottomettersi a controlli medici regolari, ma che in realtà diventa un ulteriore peso. Per ottenerlo gli Uruguayani si fanno strappare i denti con carie, per avere la patente una donna deve farsi fare una visita dal ginecologo con tanto di pap test.

Durante il suo governo si deve però ammettere che l'Uruguay ha riguadagnato un certo profilo e popolaritá internazionale, grazie al suo presidente ma anche agli ottimi risultati della selezione Azzurra ai mondiali in Sudafrica. Dei risultati del mondiale del Brasile, quando Suarez ha morsicato Chiellini dell'Italia, è meglio non parlarne troppo ad alta voce – l'Uruguay rinnega il morso e considera sempre ancora di essere stato trattato ingiustamente dalla FIFA.

L'economia è migliorata grazie all'aumento generale del valore delle materie prime alimentari (grano, soia, carne) e questo ha portato ad un aumento generale dei salari. In febbraio di quest'anno il governo è giunto ad un accordo con i sindacati concedendo un aumento di salario retroattivo di 6 mesi. Questa è diventata una prassi nel piccolo paese sudamericano: significa infatti richiamare impiegati licenziati o partiti e pagare a tutti l'equivalente dei salari, tredicesima, quattordicesima, vacanze, e pensione per i 6 mesi precedenti. Una prassi carissima e amministrativamente caotica, oltre che totalmente abusiva.

Come andrà avanti? Il partito di Mujica ha conquistato di nuovo la maggioranza assoluta e molto probabilmente Tabaré Vazquez – giá presidente dal 2005-2010 – verrà eletto presidente al ballottaggio del prossimo fine settimana. Il paese continuerà quindi ad andare lentamente alla deriva basandosi sull'ideologia ma senza fare i conti con le casse, ogni giorno più povere. Il capitale non prenderà il cammino verso l'Uruguay – le barriere burocratiche e fiscali sono troppe, e trovare personale sta diventando impossibile – i moltissimi diversi tipi di “aiuto economico” fanno sí che alla gente piaccia di più rimanere a casa che lavorare.

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