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ATTUALITÀ SETTIMANALESiria: sabbia nell'ingranaggio dei mercati?

03.09.13 - 10:37
Prospettive sui mercati emergenti, uno dei temi caldi dell’autunno
keystone (archivio)
Siria: sabbia nell'ingranaggio dei mercati?
Prospettive sui mercati emergenti, uno dei temi caldi dell’autunno

LUGANO - La settimana appena conclusasi è stata una settimana abbastanza delicata per le borse, che hanno perso mediamente l’1%, o più. Ancora una volta i mercati emergenti hanno registrato perdite superiori, al punto che il bilancio trimestrale eccede il -10%, a fronte di una sostanziale stabilità di STOXX e S&P500. I singoli mercati emergenti, come India o Indonesia, hanno perso anche più del 20% nel corso degli ultimi tre mesi. A ciò bisogna aggiungere consistenti perdite sulle valute.

 

È indubbio che le prospettive sui mercati relative ai mercati emergenti saranno sicuramente uno dei temi caldi dell’autunno. Il rialzo dei rendimenti obbligazionari si è invece interrotto durante la settimana in rassegna, ma è ancora prematuro poter affermare che siamo arrivati al termine di una fase di mercato che, per molti versi, ha replicato precedenti bear markets, malgrado l’assenza dei tradizionali ingredienti che contraddistinguono tali fasi (aumento dell’inflazione, politiche monetarie restrittive, solo per citare i più importanti).

 

Sul breve termine, comunque, l’attenzione degli investitori si è rivolta alla crisi siriana. Il conflitto siriano ha assunto una valenza globale dopo che gli Stati Uniti hanno manifestato l’intenzione di procedere in tempi brevi ad un intervento armato, pur limitato nei tempi e negli obiettivi. Benché nella giornata di giovedì il parlamento inglese abbia votato contro la partecipazione ad un tale intervento, le agenzie di stampa riportano che il presidente Barack Obama voglia continuare nei preparativi, seppure dopo aver ottenuto il via libera dal Congresso, anche senza il supporto da parte degli alleati.

 

Come è sempre il caso di tensioni in Medio Oriente, i mercati finanziari entrano in fibrillazione a causa del rischio di uno supply shock sul petrolio, anche in casi come quello siriano, dove l’estrazione di petrolio direttamente toccata da un conflitto armato è assolutamente trascurabile in termini di offerta mondiale. Il rischio, evidentemente, è quello di un contagio a paesi molto più importanti sotto questo profilo. In questo momento, si guarda con preoccupazione a paesi come l’Iraq o Iran che, più di altri, rischiano di essere trascinati da un eventuale escalation del conflitto siriano.

 

Per quanto possa sembrare paradossale, per i mercati finanziari sarebbe sicuramente meglio che gli Stati Uniti iniziassero l’attacco in tempi brevi. Anche se gli sviluppi susseguenti a tale attacco sono difficilmente prevedibili, l’esperienza insegna che i mercati finanziari tendono a tornare alla normalità in tempi relativamente brevi, presupposto un contenimento limitato delle conseguenze di tale attacco. In caso contrario, la fase di incertezza che ne deriverebbe, potrebbe rivelarsi ben più dannosa di uno shock immediato.

 

Il rischio maggiore al quale economia mondiale e mercati finanziari sarebbero esposti in tal caso, risiede piuttosto in una prolungata fase di tensione, che si tradurrebbe in un aumento del premio di rischio sul prezzo del petrolio, ciò che avrebbe sicuramente implicazioni negative, visto il suo già elevato livello. In tutti i casi, il rischio maggiore è rappresentato da misure di ritorsione da parte dell’Iran, alleato storico della Siria, tra cui il possibile blocco dello stretto di Hormuz, arteria vitale per le forniture di petrolio della regione al resto del mondo.

 

In termini di mercati finanziari, a parte le eventuali implicazioni economiche che per il momento appaiono limitate visto che la Siria è un produttore marginale, l’aspetto da tenere maggiormente sotto controllo è la possibilità che gli eventi legati alla Siria fungano da detonatore per correggere gli squilibri relativi che si sono accumulati nel corso delle ultime settimane. In questo momento, i nostri modelli di valutazione mostrano che azioni e petrolio sono da considerare sopravalutati, mentre oro ed obbligazioni governative si trovano nel campo opposto.

 

A livello geografico, Europa e, soprattutto, Giappone dopo la chiusura delle proprie centrali nucleari, sarebbero i paesi maggiormente penalizzati da una recrudescenza del conflitto siriano rispetto agli Stati Uniti. Tra i paesi emergenti, una potenziale vittima del conflitto siriano sarebbe sicuramente la Turchia che è, allo stesso tempo, vicina di casa ed importatrice netta di petrolio. Tra i possibili beneficiari, troviamo invece Russia, Messico, Malesia ed Indonesia, in qualità di esportatori di petrolio. In tutti i casi, i passati episodi di tensioni geopolitiche in Medio Oriente, hanno portato ad una tendenziale underperformance dei paesi emergenti.

 

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