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ATTUALITÀMercati: si prega di allacciare le cinture

30.07.13 - 17:23
Pausa di riflessione per i mercati finanziari
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Mercati: si prega di allacciare le cinture
Pausa di riflessione per i mercati finanziari

Dopo quattro settimane di continui rialzi, i mercati finanziari hanno innescato una pausa di riflessione. Durante questo ultimo mese vi sono stati diversi nuovi impulsi di natura economica, finanziaria e politica, ed è probabilmente giunto il momento per valutare meglio e con più calma tutte queste notizie, anche perché stiamo entrando nel periodo estivo di minore attività.

 

Da un punto di vista prettamente economico, l’aspetto che caratterizza maggiormente lo scenario internazionale é la divergenza tra i vari blocchi o paesi. L’aspetto più preoccupante riguarda i paesi emergenti. Nell’arco di un semestre, da quasi unica locomotiva di crescita, il blocco emergente si è trasformato in una grossa incognita. In linea di principio, non è che tale blocco sia messo male; continua sicuramente a stare meglio dei paesi industrializzati in termini di indebitamento e di crescita economica. Ma, al suo interno, si trova un po’ di tutto. Da paesi che rimangono strutturalmente sani come possono essere la Corea, Singapore, il Cile o il Messico (se ne potrebbero aggiungere altri), che pagano al massimo un tributo alla bassa crescita mondiale o alle fluttuazioni valutarie e delle commodities, si passa a situazioni molto più preoccupanti con forti disavanzi di bilancia delle partite correnti, che il recente rallentamento dei flussi di fondi innescato dalla prospettiva di un rallentamento delle iniezioni di liquidità da parte della FED, ne ha evidenziato la vulnerabilità di base, come possono essere il Sud Africa, la Turchia o l’India, fino ad arrivare alla Cina, che sta vivendo invece una fase di transizione politica che apre diversi punti di domanda.

 

Forse proprio la Cina potrebbe rivelarsi il principale fattore critico per i mercati finanziari. Il secondo semestre non è partito bene dal punto di vista ciclico. L’indice PMI relativo alla fiducia delle aziende nel mese di luglio, che dovrebbe quindi indicare la strada per i prossimi mesi, è stato infatti inferiore alle aspettative e si fissa al minimo degli ultimi 11 mesi. Evidentemente, non bisogna enfatizzare troppo una singola cifra.

 

Tuttavia, questo dato si allinea con il contemporaneo calo della fiducia dei consumatori cinesi, e può essere messo in relazione al recente inasprimento della liquidità sul mercato del denaro. Oltretutto, le autorità cinesi vengono di annunciare altre misure restrittive con l’intento di ridurre la capacità produttiva in selezionati settori come il cemento, l’alluminio e il rame, da essere portate a termine entro la fine dell’anno. Evidentemente, il nuovo governo sta prendendo molto sul serio l’annunciato ribilanciamento dell’economia cinese a favore di una crescita minore rispetto al passato ma più sostenibile, e maggiormente rivolta ai consumi domestici. Allo stesso tempo, il nuovo primo ministro ha tenuto a precisare che il 7% di crescita rappresenta il limite oltre il quale non si vuole scendere, e sotto il quale sicuramente le autorità di Pechino reagirebbero. Ma, per il momento, è realistico non pensare alla Cina come motore della prospettata accelerazione della crescita mondiale durante il secondo semestre.

 

La sorpresa, semmai, potrebbe invece provenire dall’Europa. Non c’è dubbio che il vecchio continente continua a dibattersi in grossi problemi strutturali, come hanno evidenziato le cifre relative all’andamento dei crediti bancari, in discesa del 2.3%. (-9.7% in Spagna e -4.5% in Italia, entrambi i paesi in peggioramento rispetto al mese precedente). Non solo, l’inchiesta trimestrale della BCE sugli standards di credito non mostra alcuna speranza di miglioramento nel prossimo futuro, a meno che i tassi d’interesse nella periferia non scendano in maniera significativa. Quindi, due delle principali debolezze dell’Europa e cioè l’irrisolta questione dell’unione bancaria e della frammentazione finanziaria continueranno a pesare sulla crescita dell’eurozona. Tuttavia, gli stessi PMI che alimentano i dubbi sulla Cina, in Europa danno adito alla speranza di un’uscita dalla recessione nel corso dei prossimi mesi. In effetti, il PMI di luglio è risalito sopra 50 per la prima volta dal gennaio del 2012, cifra in sintonia con l’indice IFO tedesco. E pure il PIL spagnolo relativo al secondo trimestre mostra un andamento meno negativo delle aspettative, così come quello relativo alla fiducia dei consumatori italiani e francesi. Di conseguenza, sperare nella fine della recessione in Europa è lecito, pensare di abbassare la guardia sui mali dell’Europa, no. A nostro modo di vedere, siamo infatti ancora molto lontani da una soluzione finale della crisi del debito in Europa.

 

I dati pubblicati in settimana non hanno invece portato chiarezza sulle prospettive congiunturali negli Stati Uniti. Verosimilmente, nel corso della settimana entrante si potranno avere maggiori ragguagli, non solo perché è prevista giovedì la pubblicazione dei dati di luglio di ISM e, soprattutto, venerdì dei dati sul mercato del lavoro (quest’ultimi importanti per valutare le probabilità riguardanti il prospettato tapering della FED), ma anche perché mercoledì verranno resi noti i dati sul PIL relativi al secondo trimestre e la revisione delle serie storiche basate su una nuova metodologia di calcolo. È molto probabile che tali dati daranno un quadro almeno parzialmente differente della situazione economica americana così come la conosciamo attualmente, e questo potrebbe avere delle implicazioni di mercato oggi difficilmente valutabili, sia per la borsa ma, forse, ancora di più per le obbligazioni. Si prospetta quindi una seconda metà di settimana alquanto interessante.

 

 

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