Cerca e trova immobili
CANTONE

«Se si fossero sentiti in pericolo, non avrebbero aspettato per chiamare la polizia»

Il "re dei ponteggi", attualmente a processo, esclude anche il reato di minaccia. In aula non ammette praticamente nulla. E ripete: «Non sono d'accordo con l'atto d'accusa».
Ti-Press (archivio)
«Se si fossero sentiti in pericolo, non avrebbero aspettato per chiamare la polizia»
Il "re dei ponteggi", attualmente a processo, esclude anche il reato di minaccia. In aula non ammette praticamente nulla. E ripete: «Non sono d'accordo con l'atto d'accusa».

LUGANO - «Come minimo li pagavo 22 franchi all'ora. Più le spese». Così il "re dei ponteggi", attualmente a processo a Lugano, respinge l'accusa di usura nei confronti degli operai stranieri assoldati dalle sue aziende attive nell'edilizia. Il 50enne kosovaro, incalzato dal giudice Amos Pagnamenta nel ripercorrere peripezie che si articolano tra il 2011 e il 2023, usa spesso lo stesso mantra: «Non sono d'accordo con quanto c'è scritto sull'atto d'accusa».

«Avevamo litigato» – Ed è una frase che riappare anche quando si parla di altri possibili reati. Dal possibile ricorso a lavoratori stranieri senza permesso fino alle accuse di minaccia. «Non ci sono state minacce – sostiene –. Quando io sono andato in carcere (tra il 15 febbraio 2017 e il 2 gennaio 2018) i miei collaboratori hanno preso tutte le mie cose. Ce l'avevo con loro. Abbiamo discusso in maniera calda. Abbiamo litigato. Dopo due ore hanno chiamato la polizia. Se si fossero sentiti in pericolo di vita, non avrebbero atteso due ore».

Finanziamento Covid – L'imputato, residente nel Bellinzonese, si difende a spada tratta anche in merito alle ipotesi di reato che appaiono sull'atto di accusa aggiuntivo. Ad esempio c'è il sospetto che nel marzo del 2020 l'uomo abbia chiesto e poi ottenuto un credito Covid-19 fornendo informazioni false e violando più disposizioni di legge. «Ho chiesto un finanziamento Covid perché durante la pandemia una delle mie ditte è stata bloccata per tre mesi. Non avevamo entrate», afferma il diretto interessato.

«Non so se ho fatto qualcosa di sbagliato» – Ipotesi di truffa, falsità in documenti, omissione della contabilità, cattiva gestione, riciclaggio di denaro ripetuto... L'accusato, tra un sorso d'acqua e l'altro, dribbla qualsiasi tipo di responsabilità. «Non so se ho fatto qualcosa di sbagliato», ripete più volte in merito alle tematiche più svariate.

«Col Kosovo ho un legame emozionale» – Pagnamenta, nell'ottica di una possibile espulsione dell'uomo dalla Svizzera, chiede al 50enne quale sia il rapporto col suo Paese d'origine. «Vivo in Svizzera da 35 anni – rammenta l'imputato –. Col Kosovo ho unicamente un legame emozionale. Ci vado una volta all'anno perché lì abbiamo ancora una casa. Tutti i miei famigliari stretti abitano in Svizzera. In Kosovo ho solo un fratello. Cosa accadrebbe se fossi espulso dalla Svizzera? Non saprei nemmeno come vivere in Kosovo».

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
Naviga su tio.ch senza pubblicità Prova TioABO per 7 giorni.

Sappiamo quanto sia importante condividere le vostre opinioni. Tuttavia, per questo articolo abbiamo scelto di mantenere chiusa la sezione commenti.

Su alcuni temi riceviamo purtroppo con frequenza messaggi contenenti insulti e incitamento all'odio e, nonostante i nostri sforzi, non riusciamo a garantire un dialogo costruttivo. Per le stesse ragioni, disattiviamo i commenti anche negli articoli dedicati a decessi, crimini, processi e incidenti.

Il confronto con i nostri lettori rimane per noi fondamentale: è una parte centrale della nostra piattaforma. Per questo ci impegniamo a mantenere aperta la discussione ogni volta che è possibile.

Dipende anche da voi: con interventi rispettosi, costruttivi e cortesi, potete contribuire a mantenere un dialogo aperto, civile e utile per tutti. Non vediamo l'ora di ritrovarvi nella prossima sezione commenti!
NOTIZIE PIÙ LETTE