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TICINO / LOMBARDIARistorni, cresce la paura. Pronti i manifesti contro la Lega dei Ticinesi

09.07.11 - 19:52
In Italia "è allarme ristorni" e parte il contrattacco con manifesti antileghisti in tutti i comuni di frontiera del comasco e del varesotto.
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Ristorni, cresce la paura. Pronti i manifesti contro la Lega dei Ticinesi
In Italia "è allarme ristorni" e parte il contrattacco con manifesti antileghisti in tutti i comuni di frontiera del comasco e del varesotto.

BELLINZONA - Il Ticino si sente meno solo. Con la visita di ieri di Johann Schneider-Ammann, che si è incontrato con il governo ticinese e i rappresentanti dell'economia e dei sindacati, le autorità cantonali hanno ricevuto rassicurazioni, che infondono coraggio e rendono l'orizzonte meno cupo per l'economia del nostro cantone. Infatti, il ministro dell'economia sceso da Berna, accolto dalla presidente del Consiglio di Stato Laura Sadis, non ha mancato di dichiararsi sensibile alle peculiarità e alle particolari difficoltà tutte ticinesi, di cantone di frontiera, dove è oggettivamente più difficile garantire il rispetto delle regole, che riguardano le condizioni salariali e i contratti collettivi di lavoro.

L'apertura delle frontiere e le richieste dell'economia- I governi dei paesi di antica industrializzazione, (Svizzera e Ticino inclusi), confrontati con la concorrenza dei paesi emergenti e con il finanziamento dello stato sociale, soffrono della richiesta dell'economia (o padroni, come una volta venivano chiamati i datori di lavoro) di pagare meno tasse e di avere a disposizione manodopera a buon mercato. In questo contesto generale, con l'apertura delle frontiere, la pressione sui salari e la richiesta sempre più forte di deregolamentare il mercato del lavoro, ha provocato un'importazione di manodopera dall'estero (nel caso del Ticino dall'Italia) che, oltre ad aver facilitato di molto la vita alle imprese con sede in Ticino di disporre di un vasto bacino fatto di tecnici, operai, intellettuali a buon mercato irreperibili in loco, ha provocato problemi sociali ed economici interni, che si sono manifestati con la richiesta, da parte di una buona parte della popolazione ticinese, di maggiori tutele per la manodopera e per la classe dei lavoratori salariati dipendenti locali.

Frontalieri strumentalizzati politicamente e i timori dei comuni lombardi di frontiera- Ad andarci di mezzo, non sono soltanto i lavoratori residenti, ma (indirettamente) i lavoratori frontalieri che, in questa "guerra fiscale" italo-svizzera, sono diventati strumento di propaganda politica. Una tensione che sta creando non poche apprensioni tra gli amministratori dei comuni italiani a ridosso con il confine svizzero. E' infatti grazie al ristorno delle imposte pagate dai frontalieri, che i comuni delle province di Varese, Como e Verbania Cusio-Ossola, riescono ad assicurare servizi essenziali per il loro funzionamento. E dopo la discussa decisione del Governo ticinese di congelare metà della somma dei ristorni, che dovrebbero essere riversati all'Italia (circa 27 milioni e mezzo di franchi), gli amministratori locali lombardi di confine stanno cominciando a manifestare una certa paura, dopo che la ministra della giustizia svizzera Eveline Widmer Schlumpf ha dichiarato che l'accordo sui frontalieri è da rivedere, in quanto troppo datato.

"L'aliquota sui ristorni non si tocca" - Un accordo che risale, effettivamente agli anni 70 e che ora si vorrebbe ridiscutere. In Ticino si vorrebbe abbassare l'aliquota di riversamento che finisce oltreconfine. Se confrontato con gli accordi con l'Austria, paese che riceve soltanto il 12,5% dell'aliquota versata dai suoi lavoratori frontalieri che lavorano in Svizzera, il 38,8% è considerata un'aliquota troppo alta. In fin dei conti, come i comuni italiani di confine hanno bisogno di soldi per finanziare i loro servizi, anche il cantone, legittimamente, ha sempre più "fame" di fondi. Ed è in questo contesto che il sindaco di Porlezza, sergio Erculiani, si è fatto portavoce, in una riunione con gli amministratori locali, della preoccupazione italiana, dicendo che un abbassamento dell'aliquota metterebbe ancora più in difficoltà le amministrazioni locali. Il Partito Democratico, oggi, in un comunicato stampa, parla, addirittura, di "allarme ristorni" ed ergendosi a difensore dei lavoratori frontalieri, dà tutta la colpa di questa situazione alla Lega Nord.

Parte la campagna contro la Lega Nord e la Lega dei Ticinesi - Nei prossimi giorni partirà una massiccia campagna antileghista, che si tradurrà nell'affissione, nei comuni delle Province di Como e di Varese, di manifesti anti-Lega Lombarda e anti-Lega dei Ticinesi. Tra i diversi interventi degli esponenti del PD lombardo, spicca quello del comasco Luca Gaffuri, capogruppo del PD in consiglio regionale: "La questione è complicata, sul piano politico crediamo che ci siano delle responsabilità imputabili alle Lega Nord che ha lisciato troppo il pelo alla Lega dei ticinesi nonostante questa abbia a lungo attaccato i nostri frontalieri. La nostra campagna vuole far comprendere di chi sono le responsabilità. Su un altro piano, i comuni di frontiera si stanno mobilitando e stanno nascendo una serie di iniziative come quelle che si sono realizzate ieri a Malnate e a Porlezza. Ora come non mai è cruciale adottare una posizione condivisa e comune e avere tutti in squadra. Il 25 luglio prossimo sarà convocata a Varese un’assemblea a cui saranno invitati non solo tutti gli amministratori dei comuni interessati, ma anche i parlamentari e i consiglieri regionali con lo scopo di elaborare un documento condiviso. Parlamentari e consiglieri, dal canto loro, incontreranno i partiti ticinesi per contestualizzare meglio il problema. Siamo alla vigilia del federalismo fiscale: se non si trova una soluzione i comuni di frontiera rischiano di non chiudere i prossimi bilanci". 

p.d'a.
 

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