Il franco-svizzero è stato riconosciuto colpevole di diffamazione, discriminazione e incitamento all'odio.
L'avvocato del saggista di estrema destra ha definito la sentenza «stravagante» annunciando di voler fare opposizione.
LOSANNA - Il saggista di estrema destra Alain Soral, residente Losanna, è stato condannato ieri dal procuratore generale vodese Eric Cottier tramite decreto d'accusa a tre mesi di detenzione da scontare. Il franco-svizzero è stato riconosciuto colpevole di diversi reati, tra cui diffamazione, discriminazione e incitamento all'odio. Soral ha fatto opposizione.
Soral, il cui vero nome è Alain Bonnet, aveva rivolto commenti duri contro la comunità LGBTQ+ e contro una giornalista romanda - definendola «grosse lesbienne» - che aveva scritto un testo sulla diffusione in Svizzera delle sue idee. La giornalista aveva sporto denuncia penale lo scorso settembre.
Nel condannare Soral, il procuratore generale ha ritenuto ch'egli voleva «risvegliare» il sentimento omofobo tra il suo pubblico. Le sue dichiarazioni avevano lo scopo di diffondere «disprezzo nei confronti della denunciante in quanto lesbica e più in generale per i membri della comunità omosessuale», riferisce il quotidiano vodese 24 Heures, secondo cui il saggista è stato condannato anche a una pena pecuniaria di 1500 franchi e al pagamento delle spese processuali per altri 1950 franchi.
In una presa di posizione, il sindacato dei giornalisti Impressum accoglie con soddisfazione la condanna. Con questa sentenza, «la giustizia vodese lancia un chiaro segnale contro l'odio, l'intolleranza e contro l'impunità degli attacchi ai giornalisti», afferma ancora l'associazione.
Soddisfatta anche la giornalista attaccata da Soral: la sentenza dimostra che l'incitamento all'odio non resta impunito. «Significa anche che gli attacchi personali non possono essere tollerati nell'esercizio della nostra professione di giornalista», aggiunge, citata nel comunicato di Impressum.
In una e-mail inviata all'AFP, l'avvocato di Alain Soral ha definito la condanna «stravagante». »Questa decisione fa purtroppo parte di una politica, cara all'Unione europea, di censura e di repressione del pensiero, che segna una vera regressione del diritto», ha sottolineato Pascal Junod. A suo avviso, la condanna del suo cliente «mostra anche i limiti e gli eccessi della cosiddetta disposizione liberticida antirazzista (art. 261bis CP) estesa all'omofobia e criticata da molti giuristi».