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LUGANODove si cavalca la paura è facile finire Fuori Mira

24.10.14 - 06:00
Doppia anteprima per Fuori Mira di Erik Bernasconi. Il film uscirà il 30 ottobre ma per chi non volesse aspettare, domenica potrà vederlo alle 11 al Cinestar o alle 16 al Forum di Bellinzona
Fonte foto: fuorimira-ilfilm.ch
Dove si cavalca la paura è facile finire Fuori Mira
Doppia anteprima per Fuori Mira di Erik Bernasconi. Il film uscirà il 30 ottobre ma per chi non volesse aspettare, domenica potrà vederlo alle 11 al Cinestar o alle 16 al Forum di Bellinzona

LUGANO - Integrazione, armi, videogiochi violenti, convivenza, conflitti e affetti, sono diversi i temi, anche di stretta attualità, finiti davanti all’obbiettivo del regista ticinese, la cornice però è una e riflette una realtà che, nel bene e nel male, restituisce il volto della nostra società. "Questa è la storia di un quartiere che vuole essere rappresentativo della nostra realtà occidentale"  spiega Erik. "Il titolo indica proprio che per un motivo o per l’ altro viviamo in un’epoca storica in cui ci troviamo per molte cose fuori mira".

 Chi ha il puntino rosso fissato in mezzo alla fronte?
"Tutti gli oggetti delle nostre paure. È tipico della nostra società fomentare la paura e di conseguenza il mirino è puntato sugli oggetti che la generano".

Nelle note di intenti fai riferimento alla palla di neve che inizia a rotolare la mattina e man mano che scende diventa più grande travolgendo tutto. Nella stesura della sceneggiatura è venuta prima l’idea di utilizzare questo espediente narrativo o il fatto di sangue che poi lo genera?
"A ispirare la storia sono stati eventi realmente accaduti in Ticino.  Il meccanismo della palla di neve è venuto come un bisogno, un bisogno di trasformare fatti documentaristici in una finzione che ci facesse un po’ riflettere. È una palla di neve anche giocosa.  Non considero questo film come un film denuncia tout court, è un film che vuole far riflettere su come ci stiamo muovendo noi occidentali, come ci stiamo chiudendo".

Fuori mira è una sceneggiature a 8 mani, non deve essere stato facile, quali le maggiori difficoltà?
"Si è vero, è stato piuttosto complesso ma anche molto arricchente. La maggior parte del lavoro è stato fatto con Daniel Bilenko e Mario Fabio,   mentre Roan Johnson è arrivato in un secondo tempo, come consulente, alla fine il suo apporto è stato così importante che abbiamo deciso di inserirlo come co-sceneggiatore. Le difficoltà sono state molte a cominciare dal tempo: trovare un momento in cui tutti potessero essere presenti non è stato evidente;  del resto l’idea è nata durante un workshop nell’autunno del 2007…"

Armi, videogiochi violenti, società multietnica, in un solo film si concentrano diverse tematiche di stretta attualità, c’è il rischio di diventare didascalici e di cadere negli stereotipi, come si evita tutto questo? 
"Con gli stereotipi abbiamo cercato di flirtare evitando di finire nella macchietta, se ci siamo riusciti sarà poi il pubblico a dirlo. Io credo di sì. È un film corale, pieno di personaggi che vanno caratterizzati molto perché hai poco tempo per conoscerli, abbiamo cercato un equilibrio giocando con una linea che tende al grottesco senza sfociare veramente in esso. I temi del resto sono inseriti in una narrazione credibile e l’amore che nutro per tutti i personaggi - alcuni tutor mi hanno spesso detto che nella scrittura sono troppo materno con i protagonisti delle mie storie – traspare, mi porta a capire – non giustificare -  le motivazioni dietro ai gesti, evitando allo stesso tempo lo stereotipo".

C’è un personaggio al quale sei più affezionato di altri e perché?
"Certo il cane, perché è il mio cane. Scherzi a parte, è impossibile rispondere, sono tanti e anche se non sono narrativamente tutti sullo stesso piano, se ne può amare più d’uno, non posso dirti il mio preferito, a parte il cane, appunto".

Gli attori hanno dato un valore aggiunto portando la loro esperienza?
"Quello che mi ha fatto molto piacere è che quando hanno letto la sceneggiatura si sono riconosciuti molto, poi in realtà le esperienze vissute da queste persone sono ben peggiori di quelle che si raccontano nel film. Purtroppo".

La paura del diverso, di perdere ciò che abbiamo è un sentimento umano ma non necessariamente negativo. Lo diventa quando non porta all’incontro dell’altro , cosa ne pensi?
"Sottoscrivo. È un sentimento che viene cavalcato per portare la chiusura però la paura del diverso è naturale e in un qualche modo tende a proteggerci. Quello che dovremmo fare però è non chiuderci in essa ma fare un passo verso l’altro. Vero, noi svizzeri siamo timidi, non siamo per cultura quelli che abbracciano il primo arrivato ma ciò non toglie che si possa fare qualcosa per andare incontro all’altro. Smettiamola di utilizzare questa paura di ciò che non conosciamo a fini elettorali".

Nelle note di regia, parli di una società multietnica che predica l’integrazione ma attua l’esclusione, Fuori mira punta il dito contro le politiche restrittive in materia di immigrazione?
"Non si parla di politica nel film ma forse proprio per questo se ne parla più del solito. Da molti anni da noi si è perso il dibattito sui contenuti per dare la precedenza agli slogan e questo sempre per motivi legati alla conquista del potere. Non mi inserisco in questa parte di dibattito. Quello che vorrei è inserirmi nella riflessione, su chi siamo e quello che siamo facendo. Il film è anche molto accondiscendente:  ho verso tutti la stessa relazione che ho con me stesso, riconosco i miei difetti ma la mattina quando esco di casa una piccola pacca sulla spalla me la do".

Cosa significa per te integrazione?
"Per me è riconoscersi dalla due parti, cercare di essere accoglienti da una parte e di adattarsi alle nuove situazioni dall’altra: è un mutuo lavoro per stare bene insieme. Apriamoci e vediamo che cosa si può fare. Siamo svizzeri, zio Bill, siamo la terra dei compromessi…!"

Nel nostro piccolo cosa possiamo fare per rendere quell’equilibrio apparente un po’ meno precario?
"Restare aperti, all’altro e a noi stessi, perché sono tutte opportunità che uno perde se si chiude".

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