Strage sventata a scuola: le emozioni del 21enne alla sbarra. Critiche al Ministero pubblico.
Nel 2019, mentre si trovava in foyer, il ragazzo avrebbe avuto una "ricaduta" significativa: «Ho riprovato la paura che mi aveva portato a meditare il massacro della Commercio».
A vederlo così, davanti al giudice Mauro Ermani, con quel suo completo blu, e con quell'aria dimessa, suscita quasi tenerezza. Difficile inquadrare il 21enne a processo a Lugano. Nel mese di maggio del 2018 voleva compiere una strage a scuola, alla Commercio di Bellinzona. Ora si trova davanti alla Corte delle assise criminali.
Emozioni dopo il fermo – Il giudice lo interroga sulle emozioni provate in particolare nelle prime settimane dopo il suo arresto, scattato il 10 maggio di due anni fa. «Emozioni contrastanti. Ero nella totale incertezza. L'ex procuratore pubblico Antonio Perugini è stato molto comprensivo con me. Poi hanno iniziato a darmi medicamenti per tranquillizzarmi. Mi sentivo in seguito più ottimista e più speranzoso».
La fede ritrovata – In quei giorni, il 21enne avrebbe anche ritrovato la fede. «Sono cresciuto in una famiglia non troppo praticante. Da piccolo comunque avevo a che fare con la Chiesa. Due parroci sono anche venuti a trovarmi. Ho imparato cosa è il perdono. Io mi sono sempre sentito in colpa. Di colpe ne ho tante». Colpisce il fatto che 9 giorni dopo il suo arresto, il ragazzo si sarebbe dichiarato "cambiato". «Sono cose che ho dichiarato io. Come una specie di auto aiuto».
In fuga dai problemi – Voleva fare un gesto estremo per fare sì che tutti lo odiassero, come lui odiava sé stesso. Questo è quanto il 21enne avrebbe messo nero su bianco. All'epoca, dopo il fermo, sperava di cavarsela con una condizionale. Ermani insiste su come il giovane più volte nella sua vita, di fronte ai problemi, sia scappato, al posto di affrontarli.
Dubbi sulla procedura – Il giudice apre una parentesi e se la prende col Ministero pubblico. Perché il giovane sarebbe stato inserito un po' troppo frettolosamente in un foyer. «Non si è mai visto – tuona Ermani – che una persona accusata di reati gravi come il ragazzo in questione venga trasferita in un foyer, prima ancora che il perito incaricato si esprima sulla diagnosi e sulla presa a carico».
Nuovo campanello d'allarme – Ancora oggi il ragazzo vive in un foyer, oltre Gottardo. Proprio lì, il 24 luglio del 2019, il 21enne ha avuto un nuovo crollo a causa di una ragazza. «Solo che questa volta ho reagito prontamente, chiedendo aiuto e ottenendo l'ospedalizzazione. Ho avuto paura perché ho risentito le emozioni che mi avevano fatto meditare la strage nel 2018. Avevo paura di me stesso. Ho cercato di farmi del male, tagliandomi».
Un episodio di peso – Il 31 luglio del 2019 era prevista un'udienza preliminare nella quale sarebbe stata stabilita la data del processo. Dibattimento rinviato a causa dell'ospedalizzazione. «Quanto accaduto nel foyer – fa notare Ermani – ha avuto un peso. Alla prima difficoltà il giovane ha avuto intenti suicidali. È stato chiesto un aggiornamento peritale. Mancava la presa a carico psichiatrica. Dal punto di vista socio educativo andava tutto bene. Ma c'era l'aspetto psichiatrico da curare». E il giudice solleva nuovi dubbi sulla procedura che ha portato il ragazzo in foyer. «Questi collocamenti non vanno fatti così in fretta».
Questione d'orgoglio – «Non sono un grande adoratore della psichiatria – afferma il 21enne, sollecitato dal giudice –. Mi fa male all'orgoglio. Tolto l'orgoglio, so che è importante che io segua un percorso». «Lei dovrà confrontarsi sui fatti – replica il giudice, rivolgendosi direttamente all'accusato –. So che non è solo colpa sua se si è marciato sul posto. Da una parte lei vive la terapia come intrusiva e inutile, ma dall'altra arriva anche a confidarsi».
Il periodo in clinica – Dopo la crisi del 24 luglio del 2019 il ragazzo trascorre un periodo in una clinica psichiatrica. «È stato terribile. Mi hanno dato tanti medicamenti, sbiascicavo le parole. Mi hanno fatto tornare a galla i ricordi della "prima volta", di quando volevo fare la strage». «Vede che è lì che bisogna insistere? Non può scappare – gli indica il giudice –. Alla prima delusione amorosa, non può sempre crollare».
Il futuro – Cosa si immagina l'imputato dopo il processo? È la domanda che viene posta da Ermani al 21enne. «Un lavoro, una famiglia», risponde il giovane, commosso. «Prima però lei deve fare un percorso», gli ricorda il giudice. «Potessi tornare indietro – aggiunge il ragazzo –, chiederei aiuto a un professionista, stavolta con l'atteggiamento giusto».