Situazione allarmante in Ticino. L’analisi del direttore di Pro Juventute Ilario Lodi
Genitori sempre più in allerta per i propri figli. Nella frenesia della vita quotidiana, tra impegni scolastici, sportivi e le altre mille attività dei giovani di oggi, diventa sempre più difficile sapere dove sono. E se poi alla sera i figli escono, l’ansia di capire cosa stanno facendo, si traduce in un controllo sempre più stretto da parte di papà e mamme. Controllo che viene esercitato sempre più spesso con app apposite installate sugli smartphone per geolocalizzarli o usando piccoli localizzatori da dare ai ragazzi affinché li portino con sé.
Un fenomeno in crescita che però viene «forse ormai preso in considerazione troppo tardi. Si potrebbe dire, usando un proverbio, che i buoi sono scappati dalla stalla. Le famiglie sono state espropriate del loro diritto/dovere di educare i figli - spiega il direttore di Pro Juventute Ticino, Ilario Lodi - Non sono più capaci di indicare la strada, sopraffatti da mille impegni e altro. Oggi i giovani con 3 click possono raggiungere tutto quello che vogliono senza passare dalla famiglia. E questo è un rischio che va conosciuto e gestito per evitare danni».
E i casi, non solo in Ticino, sono ormai sempre più frequenti. L'Associazione degli insegnanti dei Grigioni, ad esempio, ha spiegato come, in casi isolati, alcuni genitori abbiano chiesto ai figli di inviare una foto non appena arrivati a scuola.
Una realtà quella attuale in cui i genitori - visti i tanti pericoli presenti nella società - avvertono dunque con ansia la necessità di avere tutto sott’occhio. «E infatti le famiglie si trovano costrette ad alzare il livello di guardia. Ma questi strumenti non sono la soluzione, anzi», spiega Lodi.
Una situazione che fotografa una realtà in cui «a mio avviso, ciò che emerge, è la capacità o meno di un genitore di educare i propri figli secondo principi e valori alti - aggiunge il direttore di Pro Juventute - Bisogna che le famiglie siano più consapevoli, fiduciose e utilizzino poco tali strumenti. Altrimenti il rischio è quello che i figli, sentendosi monitorati 24 ore su 24, 7 giorni su 7, percepiscano tutto ciò come una mancanza di fiducia e potrebbero essere incoraggiati ad eludere intenzionalmente queste misure di controllo. Digitalizzare le relazioni non serve».
Una considerazione che comunque «non vuole assolutamente demonizzare la tecnologia, anzi. L’intelligenza artificiale, se usata adeguatamente, ad esempio può essere utile. Insomma il concetto è chiaro, se il progresso viene gestito e guidato è ben accetto. Se però i ragazzi capiscono di essere controllati sono capaci, in pochissimo tempo, di trovare il modo per eludere tale sorveglianza».
Un fenomeno, quello della sorveglianza digitale, che non è presente solo in Ticino ma in tutta la Svizzera, riproponendo, ad ogni latitudine, gli stessi dubbi e gli stessi interrogativi che affliggono i genitori.