La legge prevede da un minimo del 3 a un massimo del 6% da applicare al salario netto percepito oltreconfine
MILANO - La fuga di medici e infermieri italiani in Svizzera - specialmente di quelli attivi nelle regioni di confine - rappresenta una vera emergenza per il sistema sanitario italiano. Tanto che da anni, a partire dalla Lombardia, si sono cercate soluzioni per arginare l’esodo.
La Legge Finanziaria - E ora si è trovata una prima risposta, messa nero su bianco nell’art 50 (Contributo al servizio sanitario nazionale) della bozza della Legge Finanziaria. Nel testo del documento viene ben sottolineato come tali incentivi studiati per invogliare il personale sanitario a non farsi attrarre dagli stipendi decisamente più convenienti della Svizzera, saranno in parte a carico dei frontalieri e di quanti lavorano all’estero in generale (registrati all'Aire, l'anagrafe degli italiani residenti all'estero), ma che mantengono in essere il servizio sanitario italiano.
Con riferimento specifico a quanti ogni giorno dall'Italia superano il confine - come specificato nel testo di legge - ecco che la richiesta di contributo sarà applicabile «ai residenti che lavorano e soggiornano in Svizzera che utilizzano il servizio sanitario nazionale» e ai cosiddetti “vecchi frontalieri”, ovvero quelli che già lavoravano in Svizzera prima del nuovo accordo sulla tassazione dei frontalieri entrato in vigore nel luglio del 2023.
E nella bozza dell’articolo viene già indicato anche l’ammontare del contributo. «La Regione di residenza definisce la quota di compartecipazione familiare, compresa fra un valore minimo del 3 e un valore massimo del 6%, da applicare al salario netto percepito in Svizzera». Il ricavato complessivo verrà così destinato al sostegno del servizio sanitario delle aree di confine «in particolare a beneficio del personale medico e infermieristico sotto forma di premio di frontiera», si legge nel testo di legge.
I primi calcoli - Indicazioni precise a cui hanno già fatto seguito le prime stime parziali che indicano un contributo totale che potrebbe toccare i 110 milioni di euro mentre in busta paga ai sanitari ogni mese potrebbero arrivare fino a 750 euro.
L’importo preciso comune sarà dettagliato con un’apposita delibera dalla giunta della Regione di residenza che userà poi il ricavato per frenare la desertificazione delle zone di confine da tempo denunciata anche dai sindacati delle professioni sanitarie.
Il provvedimento era dunque molto atteso ed è arrivato pressoché “blindato” nella Legge Finanziaria presentata da Giancarlo Giorgetti, ministro varesino e profondo conoscitore delle dinamiche del lavoro nelle terre di confine come la sua.
Le prime reazioni - Nella giornata odierna è arrivata anche una nota dell’Ocst, il sindacato ticinese, che seppur in sostanziale accordo con quanto deciso dalla legge finanziaria, critica le modalità. «Un accordo specifico tra Italia e Svizzera fa sì che il frontaliere, al momento della richiesta del permesso di lavoro, possa esercitare il diritto di opzione per restare assoggettato al Servizio Sanitario Nazionale italiano. Vi è pertanto un chiaro problema di fondo: i frontalieri fiscali scelgono di non pagare la Cassa malati in Svizzera ma così facendo restano assoggettati a un servizio pubblico italiano che di fatto utilizzano senza alimentarlo (e pur avendo un reddito). Questo pone un serio problema di costituzionalità e di parità di trattamento con tutti i produttori di reddito in Italia che in qualche modo andava risolto».
Ecco allora che, specifica il sindacato «a nostro avviso il principio di fondo è condivisibile. Il servizio sanitario nazionale è pubblico e viene alimentato dalle tasse pagate da tutti coloro che hanno un reddito. Ciò che non condividiamo sono le cifre che sono a nostro avviso eccessive, anche perché introdotte tutte ad un tratto, senza alcuna gradualità. Inoltre troviamo criticabile il metodo avuto dal Governo per l’introduzione di questa norma che non ha voluto discutere con alcun rappresentante dei lavoratori».
Infine un ultimo passaggio riguarda come avverrà il pagamento su cui « non si sa ancora nulla – chiarisce la nota – Probabilmente sarà il “vecchio frontaliere” a dover in qualche modo certificare il proprio reddito (anche perché la Svizzera non trasmetterà all’Italia i dati reddituali di questi soggetti)».
Interventi della politica - «Prendiamo atto che la Lega vuole fare cassa sui frontalieri per coprire i fallimenti della sanità lombarda. Come altro definire la tassa prevista dall’articolo 50 della bozza di legge di bilancio che graverà sui frontalieri per una cifra media a testa tra i 3mila e i 4mila euro l’anno. Parliamo del 5-6% del salario netto al mese. Lo chiamano “contributo al servizio sanitario nazionale” ma è uno scippo«. Lo ha dichiarato Toni Ricciardi, vicepresidente del gruppo Pd della Camera, eletto in Europa, durante i lavori dei Consigli sindacali interregionali, dal titolo: Le frontiere delle opportunità: verso lo statuto dei frontalieri, che si tiene oggi e domani a Riccione.
«Chiedono ai frontalieri un contributo al servizio sanitario nazionale nonostante paghino già le tasse in Svizzera che poi vengono ristornate ai comuni e quindi alla regione. A questo punto -aggiunge- converrà fare una assicurazione sanitaria privata, o quasi optare per l’assicurazione sanitaria svizzera. Una vergogna. Non saprei come altro definire aver scelto di far pagare ai frontalieri lo sfascio del sistema sanitario. Vengano convocati subito i sindacati dei frontalieri visto che il nuovo accordo con la Svizzera prevede il tavolo permanente: passare dalla legge di bilancio dopo la ratifica dell’accordo fiscale, prima ancora della sua effettiva entrata in vigore è ingiusto e meschino». Così ha concluso il suo intervento in cui ha ribadito l’impegno da parte del Pd per porre rimedio, sul modello svizzero, alla questione frontalieri tra Italia e San Marino, che riguarda oltre 7000 frontalieri.