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ZURIGO«Un attacco atomico russo potrebbe colpire la Svizzera»

25.04.23 - 14:41
L'allarme dell'ex direttore generale di SRG SSR, che considera la neutralità pericolosa, oltre che menzognera.
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Fonte ats
«Un attacco atomico russo potrebbe colpire la Svizzera»
L'allarme dell'ex direttore generale di SRG SSR, che considera la neutralità pericolosa, oltre che menzognera.

ZURIGO - Un attacco nucleare preventivo russo nei confronti dell'Occidente potrebbe colpire la Svizzera, proprio in quanto paese non Nato: la messa in guardia giunge dall'ex direttore generale di SRG SSR Roger de Weck, che considera quindi la neutralità pericolosa, oltre che menzognera.

«Il sistema Svizzera non funziona più» - «Il mondo elvetico non funziona più», sostiene il 69enne in un'intervista pubblicata dal portale online della Neue Zürcher Zeitung (NZZ). «La nostra nazione esportatrice è giustamente orgogliosa dei suoi successi, delle sue imprese transnazionali. Ma i primi globalizzatori si sono cullati nell'illusione di avere finalmente un mercato veramente libero: un mercato mondiale al di fuori della portata degli stati e della politica. Il risultato è che oggi abbiamo il mercato mondiale più politicizzato della storia».

Per far fronte alla situazione la neutralità non serve. «La neutralità è una bugia che crea identità. La nostra sicurezza dipende dalla Nato, punto e basta», argomenta il giornalista e dirigente che è stato ai vertici dell'ente radiotelevisivo elvetico dal 2011 al 2017. «Per il Patto Atlantico siamo degli approfittatori, oggi più che mai. Sono tanto europeo quanto svizzero, ma non dimentico che gli Stati Uniti sono stati necessari nella Prima guerra mondiale, nella Seconda guerra mondiale, nella Guerra fredda, nei conflitti balcanici e ora nella guerra d'Ucraina. Per la quinta volta l'Europa dipende dall'esercito americano».

«L'integrazione economica con l'Occidente? Impossibile» - Per De Weck la Confederazione deve cambiare rotta. «L'integrazione economica con l'Occidente non è più possibile senza la solidarietà politica con l'Europa e gli Usa. La nostra politica di neutralità deve essere reinventata. E sono fiducioso che riusciremo a gestire questa svolta. La Svizzera è il paese che fa molte cose giuste, ma troppo tardi».

«Per la maggior parte degli svizzeri, la neutralità rimane estremamente importante, ma agli occhi dei nostri partner più importanti rasenta l'opportunismo», prosegue l'intellettuale che ai suoi esordi nel giornalismo pubblicò nel 1977 anche un libro sullo scandalo del Credito Svizzero di Chiasso. «Per esempio l'ambasciatore americano a Berna dice che la Nato è la ciambella e la Svizzera è il buco in mezzo».

Secondo l'intervistato nella politica di sicurezza si deve sempre considerare l'improbabile scenario peggiore di un'escalation nucleare. «Se la Russia pianificherà prima o poi un attacco di avvertimento potrebbe sferrare questo colpo atomico contro un paese non appartenente alla Nato, come la Svizzera. Questo sarebbe - senza un attacco diretto alla Nato - un avvertimento estremamente forte per l'Occidente». Seguendo questa logica De Weck sostiene quindi che «la neutralità rigida ha più svantaggi che vantaggi». Aggiungendo che, «in ogni caso molti svizzeri non conoscono la storia».

«La Svizzera non ha rapporto con l'unificazione europea» - «Al più tardi dopo la Seconda guerra mondiale era evidente che l'Europa doveva trovare un nuovo ordine», prosegue l'ex direttore della testata tedesca Die Zeit, prima, e dello zurighese Tages-Anzeiger in seguito. «La Svizzera, tuttavia, non ha mai voluto partecipare alla riorganizzazione del proprio continente. Non solo la tradizione di neutralità glielo ha impedito, ma anche l'interesse economico di essere proprio la nicchia in cui avviene ciò che altrove è proibito: una volta il segreto bancario, ora il commercio di materie prime, spesso brutale, che pure ci scoppierà in faccia. La Svizzera non ha alcun rapporto reale con il progetto più importante del suo continente, l'unificazione europea. Anche per questo è disorientata e sotto pressione».

De Weck mette il tutto anche in un contesto più ampio. «Stiamo vivendo un'epoca di profondi sconvolgimenti. La digitalizzazione è il cambiamento più grande e svaluta le conoscenze di molti lavoratori "analogici". Questo è destabilizzante. Inoltre, la globalizzazione porta inevitabilmente alla migrazione. Non è possibile coltivare l'internazionalismo economico e il nazionalismo politico allo stesso tempo. Questo equilibrio mette in tensione la Svizzera e l'intero Occidente. L'essenza dell'Occidente è sempre stata l'espansione: prima colonialista, imperialista, poi tecnologica ed economica. Ma improvvisamente questo Occidente sta raggiungendo i suoi limiti, non è più in grado di dettare il tono ovunque. Questa è la ragione più profonda dell'incertezza», conclude il dirigente che dopo la sua partenza dalla SRG SSR - sostituito dall'attuale direttore Gilles Marchand - si è impegnato fra l'altro nella testata online Republik.

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