Quanto è forte la presenza dell'industria del tabacco nelle politiche del nostro paese? Troppo.
BERNA - La Svizzera si è guadagnata lo scorso anno un primato poco onorevole. Siamo saliti sul podio nell’ultimo Global Tobacco Industry Interference Index. Per la precisione siamo al secondo posto tra le nazioni dove è più alta l’ingerenza dell’industria del tabacco nella vita politica di un paese e quantifica gli sforzi messi in atto dai governi per contrastare l’influsso di quella che viene spesso additata come una lobby potentissima.
In fondo alla classifica - Questo stando alla classifica compilata dal Global Centre for Good Governance in Tobacco Control (GGTC). Si basa su 20 indicatori diversi. Il concetto di interferenza dell’industria del tabacco deriva dalla Convenzione Quadro per il Controllo del Tabacco, il primo trattato internazionale al mondo per la tutela della salute pubblica che riconosce i danni provocati dai prodotti del tabacco e dalle aziende che li fabbricano. Collezionando 92 sui 100 punti possibili, la Svizzera è al 79° e penultimo posto, peggio solo la Repubblica Dominicana (ultima con 96 punti su 100) e davanti al Giappone (88). Ai piedi del podio “negativo” l’Italia con 79 punti è sesta. All’estremo opposto, tra i Paesi che hanno protetto meglio le loro politiche dagli interessi del settore del tabacco, troviamo la Nuova Zelanda (30), il Regno Unito (32), la Francia (33). Anche se al primo posto assoluto c’è il Brunei Darussalam con un indice irrisorio di 15 punti.
Immediata la denuncia dell’associazione svizzera per la prevenzione del tabagismo: «La Svizzera si è lasciata sfuggire la possibilità di ratificare la Convenzione quadro per la lotta al tabagismo e le multinazionali continuano a trarre enormi vantaggi da una legislazione federale sul controllo del tabacco ridotta ai minimi termini: si pensi anche solo alla tassa sul tabacco, la cui aliquota è stata congelata nel 2013 e che permette di vendere sul nostro territorio prodotti da fumo senza incontrare praticamente alcun ostacolo».
Nuove strategie di “insediamento” del fumo - Sembrano lontani i tempi in cui la pubblicità delle sigarette era ovunque, sui cartelloni pubblicitari per strada, in tv con spot da sogni di viaggi in giro per il mondo, fino a essere onnipresenti nella Formula 1 e nel Motomondiale. Eppure le associazioni che combattano il fumo, le sigarette e i danni da essi arrecati alla salute, gravando sul sistema sanitario nazionale, lamentano nuove strategie di “insediamento” dell’industria del tabacco nella vita di tutti i giorni. Una varietà di nuovi prodotti (sigarette elettroniche, tabacco riscaldato e, in altri paesi, anche sacchetti di polvere di tabacco per uso orale) ampliano l’offerta di nicotina e tabacco in Svizzera e nel mondo.
Questo ha avuto una importante ripercussione sulle curve di diffusione dei prodotti da tabacco. Specie nei giovani. Per vedere l’effetto sull’iniziazione al fumo bisogna osservare soprattutto i giovani a cui si interessa l’imminente chiamata alle urne in Svizzera. L’ultimo rapporto ESPAD (sondaggio sulle scuole europee per uso di alcol e droghe) relativo al 2019 mostra che già prima dei 14 anni, i ragazzi possono essere agganciati a una sostanza che, spesso, li condizionerà per decine di anni a venire. Tra queste anche il tabacco. Nell’ultima decade, la riduzione del fumo di sigarette convenzionali è stata più che compensata dall’uso di sigarette elettroniche, per cui la frequenza complessiva di ragazzi che consumano prodotti contenenti nicotina sta aumentando.
Proteggere gli adolescenti, si vota il 13 febbraio
Il prossimo 13 febbraio si voterà a livello federale sull'iniziativa popolare per la «protezione dei fanciulli e degli adolescenti dalla pubblicità per il tabacco». Sarebbero vietate anche la promozione di questi prodotti e la sponsorizzazione di eventi da parte dell’industria del settore, mentre rimarrebbe possibile la pubblicità rivolta unicamente agli adulti. Secondo i promotori c’è forte correlazione tra pubblicità e l’età in cui si prende il vizio. Secondo le statistiche, a 15 anni, il 15% dei giovani fuma occasionalmente o regolarmente. A 17, quasi il 24%. Insomma, la maggior parte dei fumatori inizia prima di aver raggiunto la maggiore età, ha sostenuto il medico Alexander Möller, specialista per le malattie polmonari al Kinderspital - clinica pediatrica - di Zurigo.