Vialli e il calcio: ricco già prima, arrogante neppure dopo
“Spero che la mia storia possa servire a ispirare le persone che si trovano all’incrocio determinante della vita”
LONDRA - I campi polverosi dell’oratorio, la Cremonese, la carriera sempre in crescendo, con la storia scritta con il blucerchiato della Sampdoria e la Champions League conquistata con la Juventus, e in seguito (brevemente) la panchina e nuovamente la Nazionale. Quella onorata da giocatore e gustata pure da dirigente, da capodelegazione nella fortunata campagna dell’ultimo Europeo.
Gianluca Vialli ha legato la sua vita all’amato pallone. Lui, ricco di famiglia, è diventato ricchissimo con il calcio. E dal calcio ha preso tutto il meglio. Non l’arroganza, la superbia, la spocchia, quanto piuttosto la capacità di sacrificarsi e di fare gioco di squadra. Leader nato, già in campo l’ex campione si è distinto per la sua capacità di muoversi all’interno di una squadra, di esaltare le qualità dei compagni, del gruppo. Ha continuato a farlo una volta appesi gli scarpini al chiodo quando, insieme con l’amico Massimo Mauro, nel 2003 ha creato la Onlus che (con il loro nome) negli anni ha raccolto fondi per la ricerca “medico scientifica sulla Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), alla prevenzione e cura del Cancro e alla promozione dei valori dello Sport attraverso l'organizzazione di eventi”.
E poi il golf, sport amato quasi quanto il pallone, le sue opinioni, sempre precise e puntuali, espresse per BBC e Sky, la moglie e le figlie britanniche e la famiglia “italiana”... a lungo la vita di Gianluca è stata piena, frenetica, intensa. Fino a un giorno di cinque anni fa, quando un improvviso dolore al polpaccio ha segnato l’inizio della sua discesa. Ci sono voluti mesi, diagnosi sbagliate e interventi prima di capire quale fosse il vero problema. Prima che Vialli fosse costretto a fermarsi (così ha scritto nel suo ultimo struggente e bellissimo libro). Da lì, per l’ex attaccante è cominciata un’altra esistenza, fatta di dolore, di paura, di lacrime ma anche di piccole gioie e serenità. Da lì è cominciato un percorso che lo ha visto crollare e rialzarsi. Resistere e ripartire. “Voglio sopravvivere ai miei genitori e accompagnare all’altare le mie figlie - aveva più volte ammesso l’ex calciatore - l’ho promesso loro. Ora sono solo questi i miei obiettivi. La prospettiva è cambiata molto e se anche avrei fatto volentieri a meno del cancro, devo dire che questo mi ha reso una persona migliore”. I nuovi sogni di Vialli non si sono avverati. Non ha mantenuto le promesse fatte. I suoi genitori - “anziani ma forti, che pasta noi Vialli” - sono stati costretti a salutarlo e le sue figlie non potranno contare su di lui nel giorno del loro matrimonio. La dedizione, la forza e anche la solarità mostrata negli ultimi anni hanno tuttavia lasciato il segno. Sono stati un piccolo grande dono per i suoi cari e, più in generale, per tutti quelli che lo hanno amato o anche solo conosciuto. E questo, nei giorni più difficili, gli ultimi, gli ha regalato un sorriso. A lui che, d’altronde, come faceva in campo, ha sempre voluto essere un esempio.
“Spero che la mia storia possa aiutare altri ad affrontare nel modo giusto quel che accade e possa servire a ispirare le persone che si trovano all’incrocio determinante della vita - aveva confidato anni fa, quando stava attraversando la prima fase della malattia - Vorrei che qualcuno mi guardasse e mi dicesse: ‘È anche per merito tuo se non ho mollato’”. Non ha mollato. Finché ha potuto, ha tentato.