È attorno al fuoco che «si costruisce la cultura», spiegano gli Haara - in concerto sabato allo Studio Foce con i brani del nuovo album
LUGANO - Quattro musicisti pronti a proiettare se stessi e il pubblico in un viaggio mistico, all'insegna dell'incontro e della mescolanza delle culture. Il tutto intorno al fuoco di un falò. È la proposta degli Haara, che sabato 4 maggio alle 21.30 saranno protagonisti di un concerto allo Studio Foce di Lugano. Sarà l'occasione per presentare in anteprima i brani di "Bonfire", il loro nuovo album. Ad aprire lo show saranno i Mestica Artigianale, collettivo di improvvisazione musicale con sonorità orientate su rock e psichedelia.
«Qui si costruisce la cultura» - Già noti come Deep Arte, gli Haara sono composti da un nucleo di chitarra, basso, voce e batteria - sempre pronto ad accogliere altri musicisti per le "escursioni" nei territori della world music e della fusion. Sempre all'insegna della psichedelia. Il falò, che dà il titolo all'album, è centrale nella visione del gruppo, spiega il batterista Nicolas Pontiggia. «È il posto attorno al quale si costruisce la cultura».
Lo spiritello attorno al fuoco - "Bonfire" è sviluppato, come i precedenti lavori, attorno a un concetto cardine - appunto il falò come luogo generatore di cultura. Tra i brani che saranno presentati sabato c'è "Fire Dance", con le sue atmosfere ancestrali guidate dall'incedere ossessivo delle percussioni. «La prima canzone è quella in cui viene acceso simbolicamente il falò. C'è quella che chiamo "la chitarra dei folletti"», con il suo incedere saltellante, «che sembra evocare uno spiritello del fuoco».
Musica dal mondo (con moderazione) - "World Music" è invece aperta, fin dal titolo, ai suoni del mondo: la cumbia, il reggae, con la tromba che s'impone come elemento che cattura l'attenzione. «Appropriazione culturale / il dreadlock a me sta male» è il ritornello di questo brano, che indica come le ispirazioni sonore di altri mondi siano importanti e fruttuose. L'errore, semmai, è accaparrarsi di elementi che non ci appartengono a puro scopo di sfruttamento.
Tra Lovelock e San Francesco - "Planetae", invece, è un tuffo nei primissimi anni Settanta, contrassegnati da psichedelia e acid rock. Sembra d'imbattersi nell'anima degli Spirit, dei Quicksilver Messenger Service. «L'idea è quella di guardare la Terra dallo spazio, come se tu fossi un astronauta, oppure una divinità». Le ispirazioni sono apparentemente poco rock: l'ipotesi Gaia dello scienziato James Lovelock e «I salmi di San Francesco, il Cantico delle Creature con il ringraziamento a tutti gli elementi del Creato». Tutti gli elementi del pianeta sono strettamente correlati, a formare un sistema complesso che si autoregola per mantenere le condizioni di vita del pianeta. La lingua usata è «un latino sbagliato», nel senso che non sono state adottate forme linguistiche accademicamente perfette ma ugualmente funzionali a questa sorta di preghiera. «È un pezzo a cui sono affezionatissimo» spiega Pontiggia.
Le "versioni falò" - I brani di "Bonfire" esistono nella versione originale, quella che finirà sull'album, ma anche nella "versione falò". «Abbiamo creato questo metro di misura: se una canzone è riproducibile intorno a un fuoco, con semplici strumenti armonici, allora è ok». È un modo di andare dritti all'anima «rustica e ruvida» del brano, trovandone l'essenza, accantonando quelli che possono essere «gli effetti fighi del computer». Ma questo ha anche dei risvolti pratici: «Vai a fare un'escursione o un campeggio, ti porti gli strumenti e magari ti accorgi che non puoi suonare una delle tue canzoni. Quindi devi creare la "versione falò"».
Infine un consiglio per chi andrà a sentire gli Haara sabato. «Portatevi qualcosa di comodo su cui sedersi, o sdraiarsi».