A colloquio con Margherita Vicario, che ieri sera ha presentato al PalaCinema "Gloria!", il suo debutto alla regia
LOCARNO - Mercoledì sera il PalaCinema di Locarno ha ospitato l'anteprima di "Gloria!", il debutto alla regia dell'attrice e musicista Margherita Vicario. Presentato in anteprima mondiale al Festival di Berlino (al quale ha partecipato in concorso), è stato prodotto da Tempesta e TellFilm ed è stato girato parzialmente in Ticino, nel Palazzo dei Landfogti a Serravalle.
Alla proiezione erano presenti una delle interpreti di questo piccolo, ben fatto e a tratti sorprendente film - la ticinese Jasmin Mattei - e ovviamente la regista. Se, come cantautrice, Margherita Vicario ha cercato di integrare il cinema nella musica, una volta dietro la macchina da presa ha trovato naturale costruire il suo primo film sulla stessa arte. Anche se inserita in un contesto singolare come quello di un istituto musicale per orfane nella Venezia a cavallo tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento. «Suoniamo per la gloria / qui non si fa la storia» canta Margherita in "Aria!", brano estratto dalla colonna sonora.
Partendo da questo verso: pensi che la musica, e l'arte in generale, siano salvifiche?
«Assolutamente sì. Nel momento in cui ci si lascia contaminare da quello che si vede, si riesce a sviluppare il proprio senso critico e a crearsi un'identità. La musica, le mostre, i film - ma anche tutta l'arte alla quale ci si avvicina da dilettante - hanno un ruolo forte. Fanno bene. Pensando a me, le primissime volte che ho suonato in pubblico l'ho fatto in un contesto ospedaliero e quindi ho vissuto sulla mia pelle il potere taumaturgico della musica».
La musica è salvifica anche per le protagoniste del film e per le ragazze e le donne reali che sono state la fonte d'ispirazione. Purtroppo molta della loro produzione è andata persa...
«Il presupposto del film è l'esistenza di eccellenti musiciste, è una realtà storica. Facendo ricerca e andando a scartabellare sono arrivate delle composizioni di quell'epoca, provenienti da quel tipo d'istituti. Ma si contano sulle dita di una mano e la cosa che mi ha colpito è che l'unica autrice che ci è arrivata, Maddalena Laura Sirmen, ha pubblicato solo perché il suo maestro l'ha data in sposa a un compositore».
Trova rispondenza in uno dei personaggi?
«È un po' l'alter ego di Lucia, tanto che nel film le faccio suonare i componimenti originali».
È ancora difficile per le donne, come lo era per le protagoniste del film, esprimere ciò che si è?
«Sicuramente le situazioni non sono paragonabili. Però è anche vero che, quando si parla di retaggio culturale, si parla proprio di questi paradigmi che durano nel tempo. "Gloria!" è ambientato tre secoli fa ma parla un po' di oggi: donne artiste ci sono sempre state, ed è tuttora difficile fare ascoltare la propria voce. È così in molti settori. Basti pensare alla lotta contro il gap salariale delle star di Hollywood...»
Siamo anche noi, come nel film, sull'orlo di una rivoluzione - almeno nei comportamenti e nei costumi?
«Penso che l'era digitale sia il nuovo grande cambiamento. C'è un nuovo femminismo, con tantissime divulgatrici che, anche attraverso la pandemia, hanno trovato il modo di comunicare ed esprimersi sui social. Spero poi che quelli odierni siano gli ultimi colpi di coda di un punto di vista politico "Dio patria e famiglia", che costringe uomo e donna entro ruoli ben definiti. Io faccio il mio come artista - e già che sia stata presa con un'opera prima a Berlino è una ventata d'aria fresca. Quindi sì, c'è un po' d'aria di rivoluzione».
Nel film c'è un fortissimo senso di solidarietà femminile.
«Credo che il luogo comune per il quale le donne sono sempre invidiose e nemiche di loro stesse sia superato. In "Gloria!" l'amicizia femminile esiste ed è il vero motore della vicenda. Come a dire: o cambiamo tutte, oppure è inutile lasciare qualcuna indietro».
Come sono state le riprese in Ticino?
«È stata una fortuna e una gioia. Eravamo molto stanchi, alla fine della lavorazione, ma qui abbiamo girato il cuore del film. Sono tutte le scene in cui le ragazze si riuniscono attorno al pianoforte. Abbiamo trovato questa location a Malvaglia e, appena sono entrata nelle cantine, ho capito che era il luogo perfetto dove ambientare la "pancia" del racconto, queste notti carbonare».
Prima Berlino in concorso, ora la presentazione a Locarno: cosa vuol dire poter mostrare "Gloria!" in due "capitali" del cinema europeo?
«È un privilegio. Aver avuto un'anteprima a Locarno fa bene al film, il timbro di questa città sul "passaporto" artistico è importantissimo. Non sono ancora riuscita a venire al Film Festival, perché le estati generalmente sono in tournée. Ma vedo sempre i film che escono dal Pardo. Quindi sono molto contenta».