Macron (ad alta voce) non lo esclude. Stoltenberg frena. Il Cremlino ammonisce. Ma se dovesse, in futuro, accadere? Facciamo il punto
KIEV - «Non possiamo escludere nulla». Si parla, in questo caso, dell'eventualità in un non precisato futuro di inviare e schierare truppe militari occidentali in Ucraina. E le parole sono del presidente francese Emmanuel Macron, che in un momento in cui il sostegno pro-Kiev vive un periodo di incertezza, ha invece servito il suo rilancio, sottolineando che «la sconfitta della Russia è indispensabile per la sicurezza e la stabilità dell'Europa». Certo, non esiste alcuna intesa ufficiale in tal senso sull'asse occidentale. Anzi, tutto l'opposto.
L'idea di Macron è stata "accolta" in modo piuttosto freddo al tavolo del vertice di Parigi. E lo stesso segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, ha dichiarato all'Associated Press che «non ci sono piani per inviare forze militari in Ucraina». Ma se, alla fine, l'Occidente decidesse di prendere questa strada?
La sostanza dei fatti è che si tratta di una questione, per ovvi motivi, ancora fragile nella voce ma ben più solida sulla carta. Nel senso che sul tavolo della NATO l'eventualità dei cosiddetti "boots on the ground" esiste e si è manifestata, con ogni probabilità, un minuto dopo che i carri armati dell'esercito di Mosca hanno varcato i confini ucraini il 22 febbraio 2022, puntando verso Kiev.
«In realtà la NATO si sta preparando a inviare truppe in Ucraina dall'inizio, anche se si rifiuta di dirlo ad alta voce». Lo afferma Fan Gaoyue, professore della Sichuan University e in passato dell'Accademia delle scienze militari dell'esercito cinese, in un articolo pubblicato pochi giorni sulla piattaforma indipendente China-US Focus (diretta dall'ong China-United States Exchange Foundation). «Poco dopo l'invasione russa, la NATO ha dislocato reparti d'elite come la terza Divisione meccanizzata e la 101esima Divisione aviotrasportata - anche nota ai più come "Aquila Urlante" - dal Nord America all'Europa, rimpolpando le forze statunitensi fino a oltre quota 100'000 uomini. Ha schierato otto gruppi di combattimento (per un totale di 42mila soldati), 120 jet da caccia e più di una ventina navi da guerra sul proprio fianco orientale per mostrare la risolutezza del proprio sostegno all'Ucraina e scoraggiare la Russia».
Poi ci sono le massicce esercitazioni. La "Cyber Lock Shield" del 2022. La "Air Defender" del 2023. E la "Steadfast Defender," la più ampia dalla fine della (prima?) Guerra fredda e in corso proprio in questi mesi. E infine, prosegue l'esperto, ci sono le parole. I Paesi della NATO «hanno accusato la Russia di essere la minaccia più consistente e diretta alla pace e alla sicurezza all'interno dell'area euro-atlantica, per modellare l'opinione pubblica». Tutto questo per dire che le pedine, al netto delle dichiarazioni, sono sul tabellone.
Ma un conto è mettercele e un altro è muoverle verso l'ex repubblica sovietica. «Se la NATO inviasse forze militari in Ucraina per vincere la guerra, due sarebbero i grandi rischi che potrebbero gettare il mondo interno in un abisso di sofferenza: si andrebbe a elevare una guerra convenzionale in uno scontro nucleare e si trasformerebbe un conflitto locale in una guerra mondiale». E, tornando al presente di queste ore, è infatti arrivata la "replica" del Cremlino al brainstorming parigino. In breve, un conflitto diretto tra Russia e NATO sarebbe assicurato. «Non dobbiamo parlare di probabilità, ma di inevitabilità», ha affermato alla TASS il portavoce Dmitry Peskov.