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SOCIETÀGiovani in Ticino: “essere o apparire”? Il ritorno alle “tribù”

05.05.09 - 12:20
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Giovani in Ticino: “essere o apparire”? Il ritorno alle “tribù”

LUGANO - Se  Cartesio oggi fosse tra noi,  avrebbe timore ad enunciare a gran voce “Cogito ergo sum”, vedendo che esso è stato soppresso, dal così attuale e  nostro, “ Appaio e quindi sono”.
Le domande della tragedia classica “essere o non essere”, “ avere o essere”, oggi sono lacerate e occultate da un’unica domanda, “Apparire o non essere?”.
Ripartiamo dal nostro titolo. Il fenomeno giovanile dell’appartenenza e dell’aggregazione a gruppi (le cosiddette tribù), non è un fenomeno recente. È un  comportamento innato nell’uomo, come dimostra l’intera storia antropologica.
Oggi si dice che ci troviamo in un contesto epocale dell’iceberg dell’individualismo, ma allora la domanda ci sorge spontanea: come mai emerge sempre con più  evidenza il fenomeno del  voler aggregarsi, etichettarsi. Insomma far parte di un certo gruppo e status?
Forse è proprio a causa  dell’inno all’individualismo che respiriamo quotidianamente. Se consideriamo il fenomeno solo a livello giovanile, noteremo la  volontà di sfuggire dall’anonimato e dalla solitudine, che la società odierna ci ha donato come eredità.
Una carrellata di situazioni ci scorre di fronte: situazioni che rappresentano la ricerca, la volontà di evadere. Con l’aiuto delle droghe, entrano sul palcoscenico i paradisi artificiali, nei quali ci si crea un proprio ego. Oppure il “boom” degli ultimi anni, il bullismo; con la sua foga, l’autore  pur di voler apparire il signore della scena, ingannerà se stesso, togliendo dignità al prossimo. Potremmo proseguire fino ad arrivare ai reati più gravi. Ma quindi il desiderio di appartenere ad una classe la possiamo considerare parte di quest’ultima lista? È davvero uno dei tentativi di risposta all’estremo  bisogno dell’uomo di trovare se stesso e rispondere alle domande che si pone fin da tutti i tempi, ovvero: chi sono? Chi mi ama? Dove vado? Come posso essere  amato e rispettato?da dove vengo?
La moda, la musica, il look, ci rendono simili ad un altro, ci fanno sentire considerati in una comitiva, quindi in una “tribù”. Dico simili, perché ognuno di noi è unico. Il giovane “punk” ad esempio porterà i capelli in un certo modo, e indosserà abiti che evidenzieranno la sua appartenenza a un determinato  gruppo, che non è solo, ma fa parte di una grande famiglia. Di conseguenza anche alcuni suoi comportamenti sono giustificati dalla sua appartenenza al  gruppo, come se ad agire non fosse più lui, ma l’essere punk. Ecco che iniziano ad uscire le seguenti questioni che riguardano quest’ultimo fenomeno  descritto, forse questi sono gli scopi: combattere la solitudine, darsi un significato e di conseguenza atteggiarsi con il supporto delle proprie scelte, che  però passano dallo stampo a caldo del cosiddetto “gruppo”, quindi saranno sì azioni e scelte proprie, ma pesate prima sulla bilancia del giudizio altrui. Chi  sono? Chi voglio essere? E chi sono per gli altri? Sono queste le domande che cercano risposta in questo fenomeno.
Credo che noi giovani d’oggi siamo ancor più ricchi di spirito e allo stesso tempo più soli, delle generazioni passate, ma non perché migliori ora, ma perché  gli eventi, il tempo scorrendo hanno intagliato mille sfaccettature al presente. Il giovane d’oggi lo potremmo paragonare ad un pesciolino di fiume che cerca  rifugio tra i sassi lavorati e scolpiti per secoli dalle correnti d’acqua; magari ora sì più belli alla nostra vista, ma di più difficile nascondiglio.
Belli, lucenti, lisci, quasi abbaglianti, forse troppo a volte, così da farci dimenticare che eravamo li per ripararci, fermarci, riposare, riflettere su noi stessi. Vorrei terminare con una frase  a mio parere di un grande uomo, che penso è nel cuore di tutti i giovani credenti e non, oltre che un grande Papa è stato un  grande padre per tutti noi, Giovanni Paolo II, che ad una giornata della gioventù disse: “Non abbiate paura del futuro perché il futuro siete voi! E prendete  in mano la vostra vita e fatene un capolavoro”.
L’intento mio  non era certo donare soluzioni o risposte certe, ma indurre me stessa e voi alla riflessione e perché no alla critica. Tutto ciò che è frutto  della ragione dovrebbe essere più spesso compagno di vita di noi giovani, perché siamo infinitamente ricchi di potenzialità e infinitamente unici a noi stessi!

Princy - princy@tio.ch

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