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TICINOQuelli che... muoiono in solitudine

01.10.12 - 09:06
Una donna a Basilea è stata recuperata dopo tre settimane dalla sua morte avvenuta in totale solitudine tra le quattro mura domestiche. Fenomeno in aumento. Il sociologo Pascal Fara ci spiega perchè
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Quelli che... muoiono in solitudine
Una donna a Basilea è stata recuperata dopo tre settimane dalla sua morte avvenuta in totale solitudine tra le quattro mura domestiche. Fenomeno in aumento. Il sociologo Pascal Fara ci spiega perchè

LUGANO - Nei pressi di Basilea è stato ritrovato dopo tre settimane in un appartamento un corpo senza vita. L’odore sgradevole che il cadavere emanava ha insospettito i vicini. I casi di persone morte in solitudine e ritrovati solo dopo qualche giorno, esistono anche in Ticino. “Mi è capitato di dover andare a recuperare il corpo di una persona che era deceduta già da almeno un paio di settimane”, ha spiegato Alexander Sassella, dipendente delle pompe funebri Bruno Rossi di Gordola.

I casi - “Mi ricordo un caso di qualche anno fa di una persona nel bellinzonese – ha continuato Alexander – che ascoltava sempre la radio ad alto volume, con le classiche lamentele da parte dei vicini. Un giorno è rimasto senza elettricità e quindi nessuno ci ha fatto più caso. Dopo qualche tempo, un paio di mesi credo, gli era stata ripristinata la corrente e la radio è tornata ad infastidire i condomini che hanno subito allertato la polizia. Una volta giunte le autorità sul posto non hanno potuto che constatare, con il corpo in piena decomposizione, il decesso avvenuto almeno due mesi”.

Il fatto accaduto nel bellinzonese è forse uno dei più eclatanti, ma è chiaro che ci sono altri casi di persone decedute in piena solitudine, soprattutto anziani, che vengono rinvenuti qualche giorno dopo la propria morte: “È da tanti anni che faccio questo mestiere. Ho recuperato corpi che erano privi di vita già da qualche giorno, fino ad arrivare a quello, che ho già citato in precedenza, di un paio di settimane. Non sempre però si tratta di persone senza famigliari abbandonate a se stesse – ha proseguito Alexander - Ci sono anziani che sentono i propri parenti ogni due o tre giorni telefonicamente. Se una volta un individuo non risponde, le persone non tendono ad allarmarsi subito. Anche per questa ragione si scopre che una persona non c’è più solo dopo diverse ore. Il problema è chiaro ed è anche conosciuto. Oggi giorno gli esseri umani non si preoccupano più degli altri come avveniva in passato, dei nostri vecchi in particolare, per questo motivo poi capitano queste cose”. 

L’analisi - Pascal Fara, responsabile del corso di Bachelor di Lavoro sociale alla Supsi e docente in sociologia, ci aiuta a capire un fenomeno sempre più in crescita rispetto al passato “Il caso di Basilea non mi stupisce. Il fenomeno c’è anche in Ticino. Anche se non è all’ordine del giorno. Questa tendenza è purtroppo in aumento. C’è una spiegazione sociologica di questo fenomeno, che possiamo separare in tre livelli. Innanzitutto l’età anagrafica,poi la  trasformazione della struttura famigliare e infine il modello della nostra società. La vita media si è allungata e la crescita degli anziani non è proporzionale alla considerazione della popolazione. In sociologia la chiamiamo “discriminazione verso gli anziani”.

“In passato – continua il professore - le persone cominciavano a lavorare presto, e finché le forze le sostenevano continuavano a farlo. L’età anagrafica era più corta e avevano bisogno di meno assistenza. Oggi i tempi di assistenza e di cure sono aumentati, però allo stesso tempo siamo confrontati con un problema di indebolimento delle strutture famigliari e crea una vulnerabilità nell’anziano. Ci sono sempre più famiglie divorziate, monoparentali e sempre più famiglie che devono pensare ai loro problemi e di conseguenza hanno meno mezzi e tempo per prendersi cura dei nonni. Quindi si cerca di compensare aumentando i servizi, creando case anziani, cure a domicilio… Una volta il vecchio veniva visto come un saggio, oggi invece come un peso per la società. Un altro motivo che porta a una sorta di invisibilità dell’anziano – prosegue il Signor Fara -  è la società individualista in cui oggi viviamo. All’interno di questa società, nella nostra epoca moderna e post moderna, abbiamo un modello  chiamato in sociologia “Giovanilista”, cioè molto produttivo e molto consumista. Se prendiamo la figura dell’anziano, non è ne molto produttivo e neanche molto consumista e questo lo porta a non trovare un suo posto nel mondo di oggi.  Non bisogna anche dimenticare che i giovani sono una generazione di poca gratitudine. Sono un po’ viziati e danno tutto per scontato, però dovrebbero ricordarsi che il benessere di oggi è il frutto del lavoro degli anziani”, conclude l’esperto.   

 

 

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