Salvatore Corrado ha lanciato una raccolta firme online per introdurre in Ticino una figura che, assicurano gli esperti, «oltre Gottardo funziona benissimo»
VEZIA. «Con la sessualità dobbiamo fare tutti i conti». Ne è convinto Salvatore Corrado. Nella sua casa, a Vezia, le pareti sono cosparse di quadri: ritraggono amplessi, baci, nudi maschili e femminili trasfigurati in simbolismi (il sole, la luna) ma parlano in realtà di un bisogno concreto. «Non bisogna vergognarsese - spiega il 65enne - noi disabili abbiamo le stesse necessità di tutti». Dalla nascita Corrado ha un handicap motorio e a voce si esprime a fatica: in compenso, oltre a disegnare con maestria (i quadri sono opera sua), c'è un'altra cosa che sa fare «piuttosto bene» assicura. «L'ho fatto solo due volte in vita mia – racconta – entrambe le volte con prostitute. Non mi lamento ma credo che, per me come per tanti disabili, ci sia bisogno di qualcosa di diverso».
La petizione - Per questo nei giorni scorsi Salvatore si è messo al Pc e ha lanciato una petizione tramite il sito change.org: un appello affinché «anche il Ticino introduca una figura professionale che oltre Gottardo esiste da anni». Quella della “assistente sessuale”.
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Il servizio oltre Gottardo - In Svizzera tedesca e in Romandia le professioniste formate ad hoc per offrire ai disabili un trattamento erotico specialistico – che può implicare semplici “coccole” ma anche un amplesso completo – chiamate assistenti sessuali sono una realtà consolidata. Con tanto di attestato professionale, due anni di formazione psicologica e medica, e dei centri semi-ospedalizzati in cui operare.
Nessuna struttura in Ticino - «Nel nostro cantone strutture simili non esistono, e nemmeno le professioniste formate – che non vanno confuse con le prostitute» osserva Donatella Oggier-Fusi dell'associazione Atgabbes. «I disabili - aggiunge - sono per lo più costretti a rivolgersi ai postriboli ma non tutti possono o vogliono accedervi. È un problema che necessita di una riflessione seria e senza tabù». Anche perché il bisogno «è anzitutto psicologico – sottolinea Salvatore –. Un momento di benessere e affetto può crearsi solo in un contesto protetto. E per trovarlo, al momento, a noi disabili ticinesi non resta che recarci fino in Romandia». Almeno finché, chissà, la petizione non andrà in porto.