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CANTONEPsicofarmaci per superare l’esame: è allarme tra gli studenti ticinesi

21.06.16 - 06:02
Xanax e Valium contro stress e ansia. La studiosa: «A volte queste sostanze sono consigliate dagli amici». Santésuisse: «Troppe pressioni sui ragazzi».
Psicofarmaci per superare l’esame: è allarme tra gli studenti ticinesi
Xanax e Valium contro stress e ansia. La studiosa: «A volte queste sostanze sono consigliate dagli amici». Santésuisse: «Troppe pressioni sui ragazzi».

LUGANO - Xanax per superare gli esami universitari. L’hanno prescritto a T.M., 20enne ticinese che studia a Zurigo. Perché sempre più succo di frutta e cioccolatino sembrano non bastare più contro lo stress e l’ansia. Il caso di T.M. non è assolutamente isolato. «È un problema serio – ammette Andreas Schiesser, di santésuisse –. Alcuni giovani pensano di non avere le risorse emotive necessarie per reggere la pressione di una società tanto competitiva». «Gli psicofarmaci – gli fa eco Matteo Magni, presidente dell’Associazione Ticinese Psicologi – andrebbero prescritti solo in circostanze ben precise. Invece si esagera».

I consigli degli amici - In un recente studio che ha coinvolto gli studenti di tre università della Svizzera tedesca, il 13.8% degli intervistati (tra cui anche alcuni ticinesi) ha ammesso di avere già tentato di migliorare le proprie prestazioni cerebrali durante gli studi facendo uso di medicamenti soggetti a prescrizione medica o di altre sostanze psicoattive. «Una percentuale davvero troppo alta – sostiene la ricercatrice Larissa Maier, dell’Università di Zurigo –. Ci sono anche ragazzi che assumono sostanze perché consigliate da amici. Normalmente il farmaco viene preso solo nel periodo degli esami».

Una lista inquietante - Secondo un’altra ricerca commissionata dalla SUVA e condotta sempre da Larissa Maier, gli psicofarmaci assunti con maggiore frequenza dai giovani in formazione per migliorare le facoltà intellettive hanno nomi ben precisi. «Si passa dal Ritalin al Cipralex – dice Maier– , dal Temesta allo Stilnox, dallo Xanax al Valium».

Migliorare le prestazioni - La ricerca è stata effettuata su un campione significativo di persone in formazione. «Di tutti i partecipanti al sondaggio – rivela Maier – , in media il 4% (2,8% i ticinesi) ha assunto almeno una volta medicamenti soggetti a prescrizione medica o droghe per migliorare le prestazioni cognitive, senza indicazioni mediche. La percentuale è comunque significativa».

Effetti collaterali - Il problema in passato era già stato denunciato in nazioni come Germania e Italia. Secondo l'istituto di fisiologia clinica del consiglio nazionale delle ricerca di Pisa, ad esempio, gli studenti italiani sarebbero i primi in Europa per consumo di psicofarmaci. E nemmeno in Svizzera, Paese in cui un abitante su due soffre almeno una volta nella vita di un disturbo mentale, il fenomeno non va sottovalutato. «Assumere sostanze chimiche – ritiene Schiesser – può sempre causare effetti collaterali. Sarebbe sempre meglio puntare su rimedi naturali. È anche una questione educativa. Fare ricorso allo psicofarmaco spesso non aiuta ad assumersi le proprie responsabilità».

Consulenza all’università - Da qualche anno a questa parte diverse strutture universitarie svizzere si sono dotate di un servizio di consulenza psicologico a disposizione degli studenti in difficoltà. Anche all’Università della Svizzera italiana esiste qualcosa di simile. «Siamo noi a coordinare questo sportello – ammette Magni –. La prima seduta è sempre gratuita. I problemi che i giovani ci sottopongono sono variegati. Si va dai disagi personali, allo stress da studio. Abbiamo costruito una società che ripone parecchie aspettative, a volte eccessive, nei giovani. E loro ne risentono». 

La responsabilità del medico - La Supsi, dal canto suo, si è dotata di un servizio simile al suo interno. «Trovo sia importante – ribadisce Magni –. È un modo per prevenire situazioni critiche. E per evitare l’assunzione di sostanze inadeguate al contesto. La prescrizione di uno psicofarmaco può avvenire solo per mano di un medico o di uno specialista. La maggior parte lavora con cognizione di causa. Alcuni però vedono nel farmaco la via più breve per risolvere il disagio. E questo non va bene. Soprattutto quando si tratta di persone molto giovani».

 

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