Oussama Khachia è «formalmente ancora vivo» per il suo avvocato
LUGANO. La battaglia di Oussama Khachia (quella legale) non è finita. Il “jihadista di Viganello” secondo la magistratura italiana è morto mesi fa in Iraq combattendo nelle fila dell'Isis, ma per gli avvocati è ancora vivo. Almeno dal punto di vista giudiziario. «Non abbiamo notizie certe sulla sua sorte, e nel dubbio procediamo con le azioni legali decise assieme all'assistito» spiegano i legali italiani del 31enne marocchino. Anche la famiglia ticinese della moglie di Khachia, cittadina svizzera residente a Pregassona, non crede alle notizie sulla morte: dopo settimane di assoluto silenzio i famigliari, contattati da tio.ch/20minuti, si limitano a dichiararsi «assolutamente certi che Oussama non è morto combattendo per il Califfato».
Ricorso in corso - Ma non è tutto. Dal punto di vista formale Khachia «non è morto affatto» sostiene l'avvocato milanese Michele Spadaro, che assiste il 31enne dall'epoca della sua espulsione dall'Italia. «Il mandato di rappresentanza legale affidatomi non è decaduto – precisa Spadaro – Khachia continua a essere il mio assistito». L'avvocato spiega infatti di avere presentato ricorso a nome del giovane presso il Tribunale amministrativo del Lazio, contro l'ordine di allontanamento spiccato nei suoi confronti dal Ministero degli Interni italiano. «L'udienza sarà fissata a breve e si terrà comunque, il fatto che Khachia non sia reperibile non ha rilevanza: il giudice entrerà invece nel merito dell'espulsione decisa dall'Italia un anno fa, se sia legittima o meno».
Secondo voi, non lo è?
«No. È basata su sospetti e illazioni, non su reali prove di un pericolo per la sicurezza».
E l'espulsione dal Ticino?
«Vale lo stesso. La decisione svizzera, mi sembra, non è stata presa in considerazione di un reale pericolo per il Ticino, ma semplicemente sulla base di quella italiana»
Se Khachia è morto per la jihad, però...
«Non proverebbe che lui era un pericolo prima, per l'Italia o per la Svizzera. E sarebbe ininfluente dal punto di vista processuale. Ma, ripeto, non sappiamo se e come sia morto».
Lei che informazioni ha?
«Se la Magistratura italiana ha delle prove sulla morte, io non le ho viste. Il mio assistito risulta irreperibile, questo è tutto».
Quindi va avanti?
«Per forza. Il mio onorario è stato pagato in anticipo, quindi...»