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LUGANOPost anti-rom: licenziato un medico della Croce Verde

02.02.16 - 07:12
L'Ente luganese: «Idee incompatibili con la professione medica». L'uomo si è rivolto a un avvocato
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Post anti-rom: licenziato un medico della Croce Verde
L'Ente luganese: «Idee incompatibili con la professione medica». L'uomo si è rivolto a un avvocato

Lasciato a casa per un post xenofobo. «Incompatibile con la professione medica» secondo il datore di lavoro. Un ex dipendente della Croce Verde di Lugano ha fatto causa all'Ente per cui ha lavorato, fino a pochi mesi fa, per «licenziamento per ingiusta causa». Anzi: «causa Facebook». Nei giorni scorsi l'uomo ha sporto denucia al Ministero Pubblico per violazione della privacy. Per la serie internet colpisce ancora, dopo la bufera scatenata la settimana scorsa dai post nazisti pubblicati online da un sergente della Polizia cantonale.

"Idee inaccettabili" - I fatti: il medico viene assunto dalla Corce Verde a settembre. Un mese dopo viene convocato dalla direzione, a sorpresa. «Avevamo ricevuto una segnalazione anonima su un post apparso nei mesi precedenti sull'account del medico» conferma il direttore dell'ente, Filippo Tami. «Esprimeva posizioni incompatibili, secondo noi, con il dovere di un medico di assistere i pazienti in modo equo, a prescindere dall'etnia o dalla provenienza geografica» continua Tami.

Il post anti-rom - Il medico conferma a tio.ch/20minuti di essere l'autore del post, ma solleva diverse obiezioni: «Si tratta di un post riservato, sottolineo, e precedente alla mia assunzione in Croce Verde – racconta – commentavo una dichiarazione sugli immigrati di Salvini, il leader della Lega Nord». I toni sono pesanti: il bersaglio è una banda di rom che, a inizio 2015, trucidò una famiglia in Sicilia. Il testo – di posizioni estremiste – non è tuttavia divulgabile: a differenza del sergente della Cantonale, il medico ha infatti pubblicato un post riservato, visibile cioè solo a una cerchia ristretta di "amici" su Facebook. Ma per l'Ente luganese non fa differenza.

 "Sono sconvolto" - «Sono rimasto sconvolto. Le frasi risalivano a quattro mesi prima della mia assunzione. Ho chiesto alla direzione chi gli avesse inviato il post, visto che era accessibile solo ai miei cosiddetti "amici". Ma non mi hanno risposto». L'unica risposta è arrivata giorni dopo, per posta: la lettera di licenziamento, che cita «gravi motivi» legati al «comportamento del collaboratore sui social network». Per il medico e il suo legale «equivale a essere licenziati per un'opinione privata» affermano. «È un'ingiustizia che presuppone una violazione della privacy». Donde la richiesta di risarcimento e, in sede penale, la denuncia contro ignoti. Il Ministero pubblico dovrà ora stabilire chi tra gli "amici" del medico abbia fatto la spia, inviando la copia del post alla Croce Verde. 

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