Tanti sono i posti di lavoro persi nella grande distribuzione durante il 2015. La cura secondo Disti: "Meno tasse e orari dei negozi flessibili"
LUGANO - 190 posti di lavoro persi in un anno nel settore della grande distribuzione. La denuncia arriva per bocca della DISTI, i Distributori ticinesi, settore - quello della distribuzione - che dà lavoro a circa 15.000 persone.
La perdita di 190 posti di lavoro, tradotto in cifre vuol dire - se calcoliamo uno stipendio medio di 4'300 franchi al mese - di oltre 10 milioni di franchi in salari sottratti ai circuito economico, nell'arco di un anno.
"Va precisato - spiega la DISTI - che nella grande distribuzione non ci sono stati licenziamenti collettivi. La perdita dei posti di lavoro – dovuta alla mancata sostituzione di collaboratori andati in pensione o che hanno ridotto il loro tempo di impiego - è dovuta a una lenta emorragia di occupazione".
Tra le cause di questa emoraggia, secondo DISTI - vengono indicate "il rafforzamento del franco rispetto all’euro, la crisi generale che ha ridotto il potere d’acquisto dei consumatori, e soprattutto il conseguente aumento del turismo degli acquisti".
Nel frattempo i partner della DISTI hanno ridotto i prezzi di molti generi, alimentari: "Continuiamo comunque a sostenere i produttori locali, ma è chiaro i costi generali in Ticino sono molto più alti rispetto all’Italia: salari, terreni, affitti, servizi.Insomma, più di così non si può fare".
Per i Distributori ticinesi le soluzioni di fronte a questo scenario sono sostanzialmente due. La prima: "le condizioni quadro entro le quali il commercio si deve muovere dovrebbero essere migliorate, evitando di imporre, per esempio, nuove tasse e penalizzazioni per i consumatori. La seconda: "a rendere meno concorrenziale il commercio ticinese ci sono anche le eccessive limitazioni sugli orari di apertura dei negozi". A tal proposito il prossimo 28 febbraio i ticinesi saranno chiamati al voto sul referendum contro la nuova legge sui negozi approvata dal Gran Consiglio
Ricordiamo a questo proposito che il 28 febbraio saremo chiamati al voto sul referendum contro la nuova legge sui negozi approvata dal Gran Consiglio e confidiamo che le cittadine e i cittadini ticinesi sapranno comprendere le necessità del nostro settore.