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Non vede quasi più, ma gioca a bocce alla grande

TORRICELLANon vede quasi più, ma gioca a bocce alla grande

07.09.15 - 09:26
Tutto l'entusiasmo di Mario Addonizio, ipovedente da quando aveva 24 anni. Lui è tra i protagonisti di un singolare torneo, nonché presidente del Gruppo Ticinese Sportivi Ciechi
Foto Ticinonline Davide Rotondo
Non vede quasi più, ma gioca a bocce alla grande
Tutto l'entusiasmo di Mario Addonizio, ipovedente da quando aveva 24 anni. Lui è tra i protagonisti di un singolare torneo, nonché presidente del Gruppo Ticinese Sportivi Ciechi

TORRICELLA - Un piccolo torneo di bocce che si svolge da qualche settimana in tutto il Ticino. Quattro squadre composte da quattro giocatori l'una. Microcronaca da osteria? Sì, se non fosse per un dettaglio. Tutti gli atleti sono ciechi. Non vedono nulla, o quasi. Dell'iniziativa, promossa da Unitas, fa parte anche Mario Addonizio di Torricella, classe 1961, ipovedente dall'età di 24 anni e presidente del Gruppo Ticinese Sportivi Ciechi. Ed è proprio Mario a raccontare un mondo fatto di emozioni e di sensazioni forti.

Mario, ma come fa un non vedente a giocare a bocce?
Non abbia paura di chiamarci ciechi. Non vedente significa tutto e niente. Siamo ciechi.

Sta di fatto che la vista non c'è. Quindi?
Si lavora molto con gli altri sensi. Ogni sportivo ha una guida che lo segue, che lo indirizza con un fischietto o tramite il battito delle mani. Le bocce sono lanciate verso la direzione da cui proviene il suono. È un aspetto difficile da fare capire, solo chi è cieco e ha sviluppato dunque una determinata sensibilità può comprendere fino in fondo ciò che sto dicendo. Io che sono ipovedente posso orientarmi anche con la luminosità e con i contrasti.

Come è diventato ipovedente?
Sono nato miope e lavorando la mia situazione è peggiorata gradualmente. Nel 1985 mi cade la retina. L'oculista mi annuncia che perderò la vista dall'occhio destro. Poi, per un errore legato al raggio laser, accadrà la stessa cosa anche per l'occhio sinistro.

Un dramma personale...
Sì. Io ero uno che amava andare in moto, facevo palestra, giocavo a calcio. Sono stato in crisi per un anno e mezzo. Poi, grazie agli amici e a Unitas, ho iniziato a reagire. Mia moglie mi è stata molto vicina, ha accettato da subito il mio problema. Poco tempo dopo è nata mia figlia. È cresciuta con un papà che non l'ha mai vista.

Quali sono le sue prospettive ora?
La situazione peggiorerà ancora. Diventerò cieco completamente. È un'idea che mi fa stare male, ma non posso farci nulla.

Accade anche nello sport. Lei presiede un gruppo che propone una lunga serie di attività sportive...
Sì. Dal nuoto all'ippica, dalle uscite in tandem alla ginnastica. Abbiamo 330 associati. Lo sport forse più piacevole per un cieco è lo sci. Dà un senso di libertà. La guida ci segue con una radiolina. Tra cieco e guida deve sempre esserci un rapporto di fiducia.

Chi sono le vostre guide?
Sono persone volontarie, dotate di grande sensibilità. Ogni cieco ha bisogno di una guida personale. Purtroppo mancano le nuove leve. Sarebbe bello se qualche nuovo giovane si facesse avanti.

Quanti sono i ciechi nella Svizzera italiana?
A stima circa 600. Ma potrebbero essere di più, considerando quelli che non sono legati ad alcuna associazione.

Come trascorre le sue giornate, quando non fa sport?
Mi occupo della burocrazia legata al gruppo. E poi impaglio sedie a Casa Andreina, un istituto per ciechi. E d'estate faccio pure la griglia.

Quasi metà della sua vita l'ha trascorsa senza vedere. Cosa le pesa maggiormente?
Il fatto di dovere spesso dipendere da qualcun altro. Se vai in tandem, devi salire dietro. Davanti c'è la guida. E tu vivi di sensazioni. Se fai un'escursione, ti aggrappi allo zaino di chi ti precede. Oppure procedi con i bastioni. Non è facile. Da solo certe cose non le puoi proprio fare. Anche se...

Anche se?
È come se avessi acquistato una nuova sensibilità. Non vedo più, però in alcune situazioni il mio livello di percezione è così alto che provo una sensazione ancora più forte rispetto a quella che proverei se ci vedessi.

Chiudiamo con una provocazione. Si dice spesso che il Ticino sia pieno di barriere architettoniche per i disabili. Vale anche per i ciechi?
Negli ultimi anni ci siamo dati da fare. Ci sono stati molti miglioramenti. Ma ovviamente la strada è ancora lunga.

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