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GINEVRA / ITALIAIl mistero della coppia che spedisce a Ginevra due valigette con 60 milioni in gioielli

13.08.14 - 07:48
I due sono ora indagati per ricettazione dalla procura di Ivrea. Gli inquirenti vogliono capire chi si nasconde dietro di loro
Ti-Press (archivio)
Il mistero della coppia che spedisce a Ginevra due valigette con 60 milioni in gioielli
I due sono ora indagati per ricettazione dalla procura di Ivrea. Gli inquirenti vogliono capire chi si nasconde dietro di loro

GINEVRA - Quella che sembra la trama di un film, è invece la realtà. Al centro della vicenda, e di un’inchiesta della Procura di Ivrea, ci sono due valige in pelle, anche un po' rovinate, spedite tre anni fa da Alessandria in Svizzera, precisamente a Ginevra. Destinazione? Una cassetta di sicurezza a Ginevra.

 

È il loro contenuto, però, a sorprendere. Dentro c’erano rubini e zaffiri per un valore di ben 60 milioni di euro. Quei gioielli, però - come riferisce il quotidiano La Stampa - portano a un commerciante d’abbigliamento del Calusiese e a una casalinga di Chivasso. Entrambi incensurati, con una vita anonima, ma ora nei pasticci con l’accusa di ricettazione.

 

"Una vicenda piena di lati oscuri, ancora tutti da chiarire e da raccontare", spiega il procuratore capo della Repubblica di Ivrea, Giuseppe Ferrando.

 

La Guardia di Finanza di Ivrea, su quelle valigette, ci finisce per caso. Attraverso dei normali controlli incrociati. È chiaro però che cotanta ricchezza insospettisce se arriva da un normalissimo commerciante cinquantenne che si guadagna da vivere vendendo capi d’abbigliamento.

 

I finanzieri, insomma, vogliono quindi capire se i libri contabili sono a posto. Ed è così che scoprono che quell’uomo "normale", tre anni fa, aveva inviato 483 rubini usando uno spedizioniere doganale di Alessandria. Le pietre erano destinate a una banca di Ginevra, una cassetta di sicurezza a lui intestata con tanto di assicurazione e dettagli della merce.

 

E allora i finanzieri approfondiscono. Si presentano a casa sua e chiedono spiegazioni. "Sono soltanto un prestanome", si affretta, intimorito, a precisare. Di chi?, insistono. Lui, un po’ evasivo, se la cava così: "Sinceramente non ricordo".

 

Le Autorità, attraverso una rogatoria internazionale, chiedono e ottengono il sequestro della valigetta. Ad accertare che si tratta di veri rubini e non di patacche c’è pure una perizia scritta e firmata da un gemmologo di Torino.

 

Questo mentre per il commerciante scatta l’accusa di ricettazione, ma soprattutto mentre gli investigatori iniziano a farsi delle domande: "Chi c’è dietro tutta questa storia dei rubini? Perché nessuno ha mai rivendicato quelle gemme e le ha mai ritirate?".

 

Poche settimane dopo aver scoperto la prima valigetta, la Guardia di Finanza ne scopre un’altra. Ancora più ricca. Questa volta ci sono zaffiri e rubini per un valore di 50 milioni di euro. Inviati sempre da Alessandria (attraverso lo stesso spedizioniere doganale) con destinazione Svizzera, Ginevra.

 

Unica differenza? Il mittente. Non più il commerciante ma una anonima casalinga sessantenne di Chivasso. Due che si conoscono da un po’, che si sono frequentati in passato e che per un po’ si erano persi di vista. Ma legati da due valigette piene di preziosi.

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