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SVIZZERAIl domicilio? Solo per chi vuole davvero integrarsi

11.12.13 - 11:55
Gli Stati hanno approvato la revisione della legge, che punta a sanzionare chi non fa nessuno sforzo al riguardo
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Il domicilio? Solo per chi vuole davvero integrarsi
Gli Stati hanno approvato la revisione della legge, che punta a sanzionare chi non fa nessuno sforzo al riguardo

BERNA - In futuro, soltanto gli stranieri ben integrati potranno sperare di ottenere un'autorizzazione di domicilio. Il Consiglio degli Stati ha approvato oggi, con 24 voti contro 7 e 4 astenuti, la modifica della legge federale sugli stranieri, con la quale si vuole da un lato incoraggiare l'integrazione e dall'altro, sanzionare chi non fa alcuno sforzo per inserirsi nel tessuto sociale elvetico.

 

La nuova legge fissa i criteri per una buona integrazione: gli stranieri dovranno poter comunicare in una lingua nazionale, rispettare la sicurezza e l'ordine pubblico, i valori della Confederazione - come l'uguaglianza tra uomini e donne -, nonché prendere parte alla vita economica o optare per una formazione.

 

"Le persone non dovranno rinunciare alla loro cultura e al loro modo di vita: si chiede loro di integrarsi, non di assimilarsi", ha precisato la ministra di giustizia e polizia Simonetta Sommaruga.

 

Si tratta di "promuovere e pretendere" ("fördern und fordern"), ha sottolineato Robert Cramer (Verdi/GE) a nome della commissione. Il non rispetto dei criteri prescritti potrebbe infatti provocare la revoca del permesso di dimora.

 

In futuro, la durata di validità del permesso dipenderà dal grado di integrazione. Una convenzione potrà essere conclusa nel caso in cui l'interessato non faccia abbastanza per ottenerlo.

 

Permesso C - Quando uno straniero è ben integrato nel tessuto sociale elvetico, potrà ottenere un permesso di domicilio C. Contro il parere del Consiglio federale, gli Stati si sono rifiutati di introdurre un automatismo. Con 20 voti contro 12, i "senatori" hanno preferito mantenere il diritto attualmente in vigore: il permesso C "può" - e non "deve" - essere rilasciato se il cittadino straniero soddisfa i requisiti fissati nella legge.

 

Questa formulazione permette di evitare che, in caso di controversia, il Tribunale federale debba definire in ultima istanza che cosa si intenda per "integrazione", ha spiegato Cramer. Per la maggioranza questa valutazione deve restare di competenza delle autorità cantonali.

 

I cantoni resteranno liberi di concedere agli stranieri ben integrati un permesso C dopo cinque anni di soggiorno. La revisione della legge prevede che la promozione dell'integrazione è di competenza di Confederazione, cantoni, comuni e parti sociali.

 

Opposizione di fondo - Questa "statalizzazione" è stata vivamente criticata da Peter Föhn (UDC/SZ), secondo cui l'integrazione è un "dovere" per gli immigrati. A suo avviso, l'inserimento sociale degli stranieri in Svizzera non deve essere un compito dei datori di lavoro.

 

Dal canto suo, Stefan Engler (PPD/GR) ha proposto invano la non entrata in materia, sostenendo che gli obiettivi perseguiti dalla revisione potrebbero essere raggiunti con gli strumenti legali già esistenti. Secondo il "senatore" grigionese, il progetto ha un carattere simbolico e genererà oneri e costi sproporzionati senza risolvere alcun problema.

 

La revisione propone infatti che Berna investa 20 milioni supplementari nella promozione dell'integrazione. Dal 2014, Confederazione e cantoni dovranno elaborare e finanziare assieme programmi d'integrazione cantonali con i comuni e i servizi specializzati interessati.

 

Tutti devono dare il loro contributo - Secondo Simonetta Sommaruga, ciascuno deve dare il suo contributo in questo ambito: "tutti approfittiamo dell'immigrazione, e non soltanto l'economia". L'integrazione dovrà anzitutto aver luogo nella vita quotidiana come a scuola, sul posto di lavoro o nelle associazioni. Un'offerta specifica d'incoraggiamento dovrà essere sviluppata nei casi in cui queste strutture non fossero disponibili.

 

"È normale che anche i datori di lavoro partecipino alle misure di integrazione, poiché contribuiscono a far venire gli immigrati in Svizzera", ha aggiunto Pascale Bruderer (PS/AG). La legge esige che anche i congiunti di cittadini svizzeri, i titolari di un permesso C e i cittadini dell'Unione europea debbano fare uno sforzo per integrarsi. Essi dovranno farsi comprendere in almeno una delle lingue nazionali parlate nel loro luogo di domicilio.

 

Imam e altri religiosi - Un articolo è stato infine introdotto per limitare l'afflusso di predicatori. In questo caso, si esige dai cittadini stranieri ammessi nell'insegnamento religioso o linguistico che siano in grado di comunicare nella lingua nazionale parlata sul posto di lavoro.

 

Con 26 voti contro 10, i "senatori" non hanno voluto ammettere alcuna eccezione. Hans Stöckli (PS/BE) ha tentato invano di convincere i colleghi che il problema degli imam radicali non sarà risolto in questo modo. Sulle 40-60 domande di soggiorno ricevute ogni anno per il personale religioso, solo 4-8 riguardano imam, le altre concernono soprattutto la Chiesa cattolica, ha precisato Simonetta Sommaruga.

 

Il dossier passa ora al Nazionale.

 

Ats

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