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HCLVicky, cuore Lugano: “Io in macchina mentre papà acquistava Bertaggia. Oggi che liti con Fischer”

25.12.14 - 14:21
La presidente ha “giocato” con noi, tagliando i fili con Geo e citando il suo top team: “Partendo da Christobal Huet, che vinse “quel” derby alla Valascia...”
Vicky, cuore Lugano: “Io in macchina mentre papà acquistava Bertaggia. Oggi che liti con Fischer”
La presidente ha “giocato” con noi, tagliando i fili con Geo e citando il suo top team: “Partendo da Christobal Huet, che vinse “quel” derby alla Valascia...”
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LUGANO - Presidente o presidentessa? Il dubbio è immediato. Come ci si deve rivolgere a lei, unica donna sul ponte di comando di una squadra di LNA? E poi ancora, quanto contano per lei il disco e il ghiaccio, cosa vuol dire “Resega”, quali sono i suoi ricordi più dolci legati al club… Per qualche minuto abbiamo tentato di mettere in difficoltà Vicky Mantegazza, facendole rivelare segreti e facendole scegliere tra i suoi tanti figli (pardon presidente, fratelli: suona meglio) bianconeri: non ci siamo riusciti. Tra una risata e l’altra siamo infatti stati in grado solo di farle ammettere - una volta ancora - quanto sia innamorata del suo Lugano.

Cominciamo dal principio. Come dobbiamo chiamarla?
“Vicky va benissimo”, è intervenuta la massima dirigente bianconera.

Bene ma… presidente o presidentessa?
“Forse presidente, suona meglio. Presidentessa, come d’altronde avvocatessa, stona parecchio. In ogni caso… non è importante, davvero”.

Rimaniamo ai titoli, ai nomi. Quanto conta, nella sua posizione, chiamarsi Mantegazza? Forse per lei i bianconeri sono più un dovere piuttosto che un piacere…
“Ma no, assolutamente. Il club, le squadre, per me sono la parte positiva della giornata. Sono totalmente un piacere. Amo la città e amo la società. Tutto quel che faccio per esse lo faccio con grandissima gioia”.

Prima di lei, se si parlava di Mantegazza, a Lugano si pensava a Geo. Quale ruolo ha suo padre oggi nell’HCL? I maligni dicono che quando c’è da spendere - vedi l’affare Brunner - sia ancora lui a mettere mano al portafogli. Che sia ancora lui a tirare i fili…
“Tutto assolutamente sbagliato. Mio padre non decide più nulla, non tira alcun filo e non mette mano al portafogli. Lasciatelo stare. È rimasto il primo tifoso dei bianconeri e, quando può, occupa il suo posto alla Resega. Il suo impegno finisce però qui: ora, infatti, vive all’estero e per quanto riguarda la gestione del club… si fida ciecamente di quel che facciamo. Io in particolare, poi, non mi sento di dover dimostrargli nulla”.

Quanto è o è stato importante Geo nel suo modo di essere presidente?
“Molto, ma non avrebbe potuto essere altrimenti. Papà prese il Lugano quando io ancora andavo al ginnasio. Mi avvicinai velocemente alla realtà bianconera e me ne innamorai. E a quell’età… sapete come si dice: il primo amore non si scorda più. Vi racconto un aneddoto: ero giovane ma già seguivo i primi movimenti di mio padre come proprietario della società. Uno in particolare lo ricordo bene: l'ingaggio di Sandro Bertaggia. Andammo da lui per provare a convincerlo a firmare. Papà lo incontrò e io rimasi in macchina ad aspettare… poi la trattativa fortunatamente si concluse”.

Klasen, ora Brunner, Pettersson, Filppula, McLean… questo Lugano è da titolo?
“Diciamo che l’arrivo di Damien ha alzato l’asticella - ha aggiunto Vicky - ma quello da solo non basta per renderci competitivi ai massimi livelli. La rosa è importante ma quando guardo a club come Zurigo o Berna e ai tanti campioni svizzeri che hanno… mi viene male: capisco che di strada da fare ne abbiamo ancora tanta. Detto ciò, noi ci proveremo fino in fondo”.

In tre anni e mezzo di presidenza qual è stata la scelta che più l’ha soddisfatta?
“Sicuramente la nomina di Fischer a head coach. Io e Patrick abbiamo la stessa filosofia, siamo uniti. E questo non può che essere un bene per la società”.

Eppure si dice che a volte, alla Resega, i muri tremino…
“Si discute e a volte lo si fa anche a voce alta. Questo in ogni modo non modifica la stima che nutriamo l’uno verso l’altro. Remiamo sempre nella stessa direzione”.

E la scelta “mancata”, quella che più rimpiange?
“Non so, è difficile, non penso ce ne siano state. Di certo il momento più complicato da quando sono al timone del Lugano è arrivato quando Barry Smith decise di lasciare. All’epoca non avevo esperienza e mi trovai in grossa difficoltà. Di Barry non posso tuttavia non conservare un buon ricordo: capì che quel che il suo modo di lavorare non andava bene, semplicemente non sapeva più che fare. E decise di lasciarci, rifiutando lo stipendio. Fu onesto”.

Hockey, in Ticino, vuol dire anche rivalità Lugano-Ambrì, lei la sua la vive male.
“Ma no, io rispetto l’Ambrì e adoro i derby, che sono parte integrante dell’hockey ticinese e svizzero. La rivalità fa bene, rende speciale il confronto. Solo non sono gradita alla Valascia”.

Dovrebbe trovare il modo di andarci comunque…
“Sarebbe difficile passare inosservata: il match lo vivo infatti con grande entusiasmo, con passione latina. Forse, sotto carnevale, potrei presentarmi in Leventina con la parrucca e senza occhiali”, ha continuato ridendo la presidente.

Almeno su un punto, Lugano e Ambrì sono d’accordo: gli arbitri. I fischietti non sono certo “favorevoli” alle ticinesi…
“Dobbiamo essere più forti di tutto e tutti per ottenere i risultati meritati. Dico solo questo. Anche perché commentare certi episodi visti quest’anno risulterebbe altrimenti difficile. Anche a livello femminile, quando le nostre Ladies vanno a Zurigo…”.

Le facciamo fare un po’ di fantamercato tra passato e presente. Che giocatore, potesse, ruberebbe all’Ambrì attuale?
“Sicuramente Pestoni”.

Inti è totalmente biancoblù. È davvero difficile che possa vestire il bianconero…
“Ma voi avete parlato di fantahockey”.

Giusto. Perfetto. Se pensiamo invece della storia dei leventinesi… c’è qualche loro protagonista che ricorda con particolare entusiasmo?
“Ne ho visti passare tanti: non so darvi una risposta. Forse… ecco pensandoci potrei dire Manuele Celio: l’ho ammirato tanto ma lo abbino più al Kloten che all’Ambrì”.

Ora la facciamo tornare a giocare in casa. Qual è stato il suo miglior Lugano di sempre: portiere, due difensori, ali e centro?
“Altra domanda complicatissima. Dovevate avvisarmi, mi sarei preparata”.

Si prenda pure tutto il tempo che vuole…
“Allora, vediamo… per correttezza non cito i giocatori attuali. Direi che il mio top team è composto da Christobal Huet, che mi ricorda “quel” derby vinto alla Valascia, Rogger-Nummelin, Eberle-Johansson-Peltonen. Il mio top player rimane invece Patrice Bergeron, che però abbiamo avuto l’onore di avere con noi solo per poco”.

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