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CANTONEI mondiali e quello strano desiderio di somigliare ai calciatori

23.06.14 - 06:31
Avere un fisico scolpito come i campioni del pallone e successo con le donne: le gare di Coppa del mondo accentuano un fenomeno che allarma psicologi e sessuologi. Ma le palestre si tirano indietro : "Non è colpa nostra"
Foto Keystone
I mondiali e quello strano desiderio di somigliare ai calciatori
Avere un fisico scolpito come i campioni del pallone e successo con le donne: le gare di Coppa del mondo accentuano un fenomeno che allarma psicologi e sessuologi. Ma le palestre si tirano indietro : "Non è colpa nostra"

LUGANO - Per loro, Ronaldo e Balotelli non sono solo dei campioni del pallone. Son dei modelli, estetici e di vita. Si finisce così per trascorrere ore ad allenare i muscoli, nel tentativo di somigliare al proprio idolo: un fenomeno che i mondiali accentuano e svelano. Nell’estate del 2010, c’era già chi rivolgeva ai forum di internet le proprie domande e richieste di consigli: come fare per avere un corpo scolpito al pari dei calciatori sui campi del Sudafrica. Quattro anni dopo, la debolezza è sdoganata e la confessione viene consegnata ai quotidiani. «Faccio pesi dieci ore a settimana per esser come loro», confida a 20 Minuten un uomo di 48 anni.

Spornosexual - I giornali inglesi hanno già coniato un aggettivo per definire la nascita di una figura incentivata dalle gare di Coppa del mondo: “spornosexual”. Combinazione sapiente di “sport”, “porno” e “sessuale” che, nella sua sintesi intraducibile, rende l’immagine e l’idea di un uomo che fonda la ricerca di un posto in società sopra l’apparenza, travisando senso e scopo dell’attività sportiva ai fini di un’affermazione pubblica in cui il sesso gioca un ruolo determinante. «L’attenzione al lato estetico è finalizzata sia a un riscontro narcisistico, cioè a dare un valore a se stessi attraverso l’immagine, sia alla seduzione, favorita da un corpo appetibile - spiega la psicologa e sessuologa Kathya Bonatti, life coach a Lugano e docente di sessuologia forense alla Sapienza di Roma - Il narcisista non ha una reale stima di sé, ma ha bisogno di una conquista per legittimare il proprio valore: si arriva così al conquistatore seriale». Una tendenza deleteria, spesso legata a una carenza affettiva nella famiglia d'origine e oggi aggravata dai campionati in Brasile, complici calciatori che sono diventati «icone, associate all’idea di potenza sessuale e successo economico, sociale e mediatico, stereotipo di tutto ciò che un uomo possa desiderare». Segno inoltre dei tempi moderni dove «la globalizzazione ha portato a dare maggiore visibilità attraverso i media e il marketing offre agli uomini prodotti di bellezza che in passato erano esclusivo appannaggio del mondo femminile: creme, antirughe, chirurgia estetica».

 

I limiti d’età, che un tempo tenevano in salvo i ragazzi, sono ormai stati abbattuti: se «prima si trattava magari di una preoccupazione legata all’invecchiamento, oggi i giovani stessi usano il corpo come strumento di conquista, assumendo anche farmaci di cui non hanno bisogno per migliorare le prestazioni. Il risultato di questa concezione di vita è una mancanza di coinvolgimento emotivo, una conquista seriale dove contano solo i numeri e un atto sessuale mordi e fuggi molto sterile, dove ci si guarda allo specchio per vedere come si muovono i muscoli e quanto si corrisponde ai canoni della pornografia. È lo stereotipo dei film, che prescinde dalla gratificazione del partner e dalle esigenze di una sessualità femminile che non è così genitale».

 

Look e star - Per Mattia Piffaretti, psicologo dello sport, «il fenomeno interessa maggiormente i giovani. Esiste un meccanismo di mimesi per cui a un determinato look viene associato uno statuto di star, un’idea di successo e fama. Si va dal taglio dei capelli, aspetto più appariscente e benigno, alla plasticità corporea e la muscolatura scolpita, che coinvolgono problematiche più complesse, legate all’accettazione di sé e alla deformazione dell’immagine del proprio corpo». E se «il processo è normalissimo e auspicabile per la formazione della personalità», quando degenera riesce perfino ad annientare la «vocazione educativa» che possiede lo sport: «Dalle caratteristiche fisiche, si arriva a riprodurre comportamenti spesso condizionati da scale di valori discutibili: il successo basato unicamente sull’aspetto materiale, atteggiamenti scorretti o addirittura violenti. In questi frangenti, la forza educativa dello sport viene resa più fragile da figure esaltate dai media, che sminuiscono e frammentano l’immagine del campione evidenziandone i lati problematici. Troppo spesso, i giocatori rifiutano di essere dei “role models” e non si assumono le proprie responsabilità nei confronti della gioventù. La consapevolezza di una missione nei confronti dei giovani arriva solo con il passare del tempo».

 

La colpa va cercata a suo dire più nei modelli di riferimento che nelle strutture dove si pratica attività sportiva: «Oggi le palestre hanno preso coscienza delle aspettative di una clientela fatta pure di giovani in piena maturazione fisica e psicologica». Il campanello d’allarme, «un’ipertrofia sportiva dove l’identità sportiva del giovane è prioritaria al punto da minacciare la vita sociale, il percorso scolastico, un apprendistato o la partecipazione ad attività estranee al contesto sportivo», suona dunque per i genitori: anche se talora il problema è proprio la conseguenza di un’assenza di punti di riferimento tra le mura domestiche. «Dove la riuscita sociale è un percorso più complesso, il rischio di investire su un percorso sportivo in maniera eccessiva è più elevato. Lo sport è infatti chiamato a compensare una mancanza di punti di riferimento alternativi».

 

Centri fitness - Dal canto proprio, i centri fitness respingono ogni responsabilità. «Il fatto che un giovane prenda uno sportivo come esempio in sé è positivo - riflette Jürg Heim del Gimnasium Health, Fitness, Beauty & Spa di Castione, delegato per la Svizzera italiana della Federazione centri fitness e di salute – L’agonismo estremo, invece, non è positivo. Ma nei centri fitness non si pratica. L’attività di bodybuilding è in forte declino, è relegata a strutture sempre più rare. Lo sviluppo di massa muscolare a fini estetici ormai è un mercato di nicchia: da noi si praticano piuttosto attività di rinforzo muscolare e che portano benefici, anche al sistema immunitario. Il sovrallenamento non è la realtà: casomai lo è il "sottoallenamento": sempre meno giovani fanno attività fisica e sviluppano patologie associate a questa carenza, come il diabete. Poi c’è chi magari fa allenamento a domicilio: è vero che, dove non c’è il controllo di un esperto, i rischi sono maggiori».

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