I socialisti hanno sottoscritto il rapporto, ma assicurano che «avrebbero voluto di più, molto di più». Emendamento del Plr: «Le decisioni del popolo vanno rispettate»
BELLINZONA - «Certo siamo ben lontani da quanto avremmo voluto e soprattutto da quanto sarebbe giusto veder riconosciuto alle lavoratrici e ai lavoratori ticinesi, si tratta tuttavia di un primo passo nella giusta direzione, soprattutto per le donne». È in questo modo che il Partito socialista prende posizione dopo avere sottoscritto insieme a Verdi, Lega e Ppd, il rapporto sul salario minimo.
La Commissione della Gestione e delle Finanze del Gran Consiglio ha raggiunto un compromesso: un salario orario tra i 19.00 e i 19.50 franchi a partire dal 2021 e uno tra i 19.50 e i 20.00 franchi a partire dal 2023. Una terza forchetta che arrivi ai 20,25 franchi, della quale al momento non c'è sicurezza, è prevista solo per la prossima legislatura. Il Partito comunista ha annunciato che non voterà alcun messaggio che prevede un salario inferiore a 20.00 franchi orari. Una posizione condivisa dal gruppo MPS-POP-Indipendenti. «Un salario minimo legale così basso non solo non combatterà il dumping salariale, ma concorrerà a promuoverlo ulteriormente».
Per i socialisti, invece, con un salario minimo fissato per legge «non vi sarà più il vantaggio, a parità di competenze, di assumere un frontaliere al posto di un lavoratore residente» e, soprattutto, «non era più possibile temporeggiare sulle spalle dei salariati costretti a far capo all’assistenza, pur lavorando, per arrivare alla fine del mese».
Emendamento del Plr - Il Gruppo Plr inoltrerà un emendamento al rapporto sul salario minimo in quanto «non offre infatti sufficienti garanzie e favorirà essenzialmente i frontalieri, esercitando invece sui residenti una pressione al ribasso dei salari».