Il direttore del DI ha risposto all’interpellenza, pur non fornendo cifre precise sul costo dell’intervento della polizia
LUGANO - Norman Gobbi oggi in Gran Consiglio ha risposto alle domande sul corteo dei Molinari che si è svolto sabato 14 settembre a Lugano. Un’interpellanza chiedeva al Governo quanto la manifestazione è costata ai contribuenti ticinesi.
Il direttore del DI, precisando che «non è escluso che tra i manifestanti vi fossero persone provenienti dall’estero o da altri cantoni», ha spiegato che «di regola i dati precisi degli agenti impegnati non vengono diramati per motivi di sicurezza». Tuttavia, ha aggiunto, «il numero di agenti viene definito in base ai compiti da assolvere, alla minaccia e ai rischi».
Per impedire che i manifestanti accedessero al centro citta e alla zona off-limits «è stata richiesta la presenza di una quarantina di persone proveniente dai cantoni romandi». Il costo dell’operazione non può essere indicato perché si svelerebbero dettagli relativi a misure tattiche della polizia. Gobbi, però, ha spiegato che «un agente costa 120 franchi all’ora, mentre il costo degli agenti romandi è di 200 franchi giornalieri».
Sul mancato intervento nonostante la violazione del divieto di dissimulazione del viso, invece, «si è ritenuto inopportuno intervenire per evitare un inasprimento della tensione e incorrere nel rischio di mettere in pericolo l’ordine pubblico».
Per quanto riguarda il comportamento dei manifestanti, il direttore del DI in risposta all’interpellanza ha inoltre precisato che «ad oggi sono stati commessi solo reati a querela di parte. E la procedura in questi casi viene avviata solo se viene sporta denuncia». Ma il Governo «condanna comunque i toni e le ingiurie rivolte alle autorità e ai politici, come pure al sottoscritto», ha concluso.
Risposta che non è piaciuta e non ha soddisfatto chi nell’interpellanza domandava «con che coraggio la Polizia cantonale dirama un comunicato in cui dice che la manifestazione si è svolta senza violazioni». In aula oggi il commento di Boris Bignasca è stato uno e chiaro: «Si è applicato il principio secondo cui si agisce forte con i deboli e si è deboli con i forti».