Gianni Frizzo, pensionato delle Ffs e leader dello sciopero del 2008, si dice «sconfortato» dal voto di ieri. Ma non getta la spugna
BELLINZONA - «Deluso». Ma un po' se lo aspettava. Gianni Frizzo, ex dipendente Ffs, è stato il volto del grande sciopero delle Officine nel 2008. Oggi è in pensione, ma non perde un colpo: è stato tra i più attivi promotori dell'iniziativa "Giù le mani dalle Officine" bocciata ieri alle urne. «Una sconfitta - dice - che rischia di costare cara al Ticino».
Perché? Il Consiglio di Stato si è detto soddisfatto del risultato. Le Officine rimarranno in Ticino.
«Il trasferimento dalla sede attuale di Bellinzona a Castione non è solo un trasloco. La produzione verrà fortemente ridimensionata, ma su questo punto gli oppositori all'iniziativa hanno volutamente creato confusione. Le Ffs non hanno voluto chiarire le loro intenzioni. Hanno giocato sulle minacce: o così, o niente. E ha funzionato».
Un piano industriale sarà presentato a Locarno, durante il Festival del cinema. Il capo delle Ffs Andreas Meyer lo ha annunciato ieri.
«Di certo c'è solo che verranno cancellati 260-270 posti di lavoro. Ricordo che undici anni fa, la popolazione ticinese si era mobilitata per impedire il taglio di 126 posti di lavoro. È evidente che gli accordi sottoscritti all'epoca dalle Ffs, dal Cantone e dal Comune non sono stati rispettati. Sono stati traditi»
Undici anni fa c'era stata una sollevazione popolare. Ora è mancata. Perché?
«Perché nonostante la posta in gioco sia altissima, i nostri avversari sono riusciti a spaccare il fronte dei dipendenti, cosa che undici anni fa non era successa. La spaccatura ha frenato la mobilitazione. E i politici sono rimasti alla larga»
Non è che sono cambiati i tempi? Dopo il 2008 c'è stata la crisi. La gente teme per i posti di lavoro...
«La verità è che siamo stati traditi e abbandonati dalle istituzioni, dalla politica. Ci siamo trovati da soli contro tutti: istituzioni, Ffs, e anche contro una parte delle maestranze».
E adesso?
«Adesso ci riuniremo in assemblea e decideremo il da farsi. Di certo non finisce qui. La cancellazione di 270 posti di lavoro sarà uno sfacelo occupazionale per il Ticino industriale. Dobbiamo impedirlo a tutti i costi».