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CANTONESalario minimo, Unia non ci sta

06.02.19 - 15:50
La forchetta discussa in Commissione di 19-19,50 franchi all'ora è «un insulto alla volontà popolare espressa con l’approvazione dell’iniziativa “Salviamo il lavoro in Ticino”»
TiPress
Salario minimo, Unia non ci sta
La forchetta discussa in Commissione di 19-19,50 franchi all'ora è «un insulto alla volontà popolare espressa con l’approvazione dell’iniziativa “Salviamo il lavoro in Ticino”»

BELLINZONA - Una forchetta di 19-19,50 franchi all'ora. È quanto discusso in questi giorni dalla Commissione della gestione in merito al dossier sul salario minimo, come anticipato al CdT dal presidente Raffaele De Rosa. L'obiettivo sarebbe quello poi di impegnarsi affinché nella prossima legislatura si raggiungano i 19,50-20 franchi. Ma per Unia si tratta di una proposta «semplicemente indecente» e «un insulto alla volontà popolare espressa con l’approvazione dell’iniziativa “Salviamo il lavoro in Ticino”».

Per il sindacato l’ipotesi di salari minimi compresi in una forchetta tra i 19 franchi e i 19,50 va respinta al mittente. Importi «totalmente inadeguati» a contrastare i fenomeni del dumping, dello sfruttamento e della sostituzione della manodopera residente con personale frontaliero “a buon mercato”. 

Unia punta il dito contro i rappresentanti in Parlamento che «considerano più pagante la politica delle “parole, parole”» e contro i politici che fanno anche gli imprenditori, generalmente ostili ai sindacati e ai contratti collettivi. «Succede così per esempio - si legge nel comunicato stampa - che il consigliere nazionale Plr Rocco Cattaneo, che come imprenditore affiliato all’Associazione ticinese stazioni di servizio si è battuto contro un salario minimo di 3600 franchi mensili lordi (ritenuto un importo «fuori dalla realtà» per il Ticino), vada in televisione a dire che i suoi dipendenti sono comunque contenti e lo dimostrano partecipando alla cena aziendale».

Il salario minimo - conclude il sindacato - farebbe star meglio diversa gente e contribuirebbe a fare un po’ di ordine in un mercato del lavoro allo sfascio. «Ovviamente a patto che si fissino importi dignitosi che consentano di vivere in Ticino e che non si sfrutti l’occasione per istituire il dumping di stato».

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