Il gruppo La Destra in Gran Consiglio interroga il Governo sul futuro della riforma scolastica: «Non si vuole rispettare il voto popolare?»
BELLINZONA - Lo scorso 23 settembre, la popolazione ticinese ha bocciato alle urne (con il 56,7%) il progetto di riforma “La scuola che verrà”. Pochi giorni dopo - era il 3 di ottobre - il Comitato referendario, sottolineando che l’esito della votazione «non equivaleva allo stop di qualsiasi riforma», ha scritto al presidente dell’Esecutivo Claudio Zali.
Nella missiva si chiedeva un incontro per presentare alcuni punti rilevanti sul proseguimento della riforma scolastica. Proposta rifiutata dal Governo, che lo scorso 24 ottobre ha risposto affermando di non poter accogliere la richiesta in quanto, essendo la votazione avvenuta, il comitato non poteva più essere considerato quale interlocutore.
Scatta l'interrogazione - Considerato il rifiuto - al quale si sommano alcune dichiarazioni del direttore del DECS, che facevano intendere che «nonostante il “no” popolare alla SCV avrebbe portato avanti quei contenuti in modi e tempi diversi» - il gruppo La Destra in Gran Consiglio ha oggi deciso di interrogare il Consiglio di Stato per «tutelare la volontà chiaramente espressa dal popolo ticinese».
«Perché il Governo, e in virtù di quale principio, ritiene di potersi avvalere del diritto di decidere unilateralmente sulla fine del Comitato referendario?», chiede il Gruppo, invitando inoltre l’Esecutivo ad indicare le «vere ragioni» del rifiuto a ricevere la delegazione.
Secondo quali modalità il Consiglio di Stato intende «mettere insieme la discussioni tra Piano degli studi e Riforma operativa?», prosegue inoltre il gruppo parlamentare chiedendo pure al Governo se «non intende modificare celermente alcuni articoli di Legge e di Regolamenti che danno troppa delega decisionale alla direzione del DECS scavalcando il Governo e il Parlamento».
Le domande al Consiglio di Stato
1) Quali sono le vere ragioni per le quali il governo non ha voluto ricevere la delegazione del comitato referendario?
2) Perché il Governo, e in virtù di quale principio, ritiene di potersi avvalere del diritto di decidere unilateralmente sulla fine del Comitato referendario quando in questo Paese c’è la libertà di riunione, di associazione?
3) Non ritiene che ricevere la delegazione del comitato referendario (gruppo di cittadini) che tanto si è prodigato per bloccare la SCV, ma sempre ribadendo la sua volontà a contribuire attivamente e positivamente alla riforma scolastica, sarebbe stato un gesto nobile, utile e costruttivo?
4) L’intero Governo era cosciente, è stato informato e ha discusso di questo rifiuto ad incontrare la delegazione del comitato referendario?
5) Inoltre. Visto che non si sono potute verificare attraverso un colloquio le intenzioni del governo riprendiamo alcune richieste dei referendisti e chiediamo:
6) Come intende il Governo occuparsi finalmente di mettere assieme la discussione tra Piano degli studi e Riforma operativa?
7) Non intende il governo modificare celermente alcuni articoli di Legge e di Regolamenti che danno troppa delega decisionale alla direzione del DECS scavalcando il Governo e il Parlamento in materia di riforme e piani di studio?
8) Ammesso e non concesso che si voglia passare alla politica dei piccoli passi; il primo lavoro potrebbe essere quello di definire nuove regole del gioco. Magari prendendo spunto dall’iniziativa elaborata del settembre 2016 “La scuola che vogliamo” (gruppo La destra) per modificare alcuni articoli che riguardano l’iter decisionale, le deleghe e la distribuzione, il controllo del potere all’interno del DECS, tra DECS e CdS e tra CdS e Gran Consiglio?
9) È consapevole il CdS che in base alle attuali leggi e agli attuali regolamenti, se il DECS non ha bisogno di crediti (o trova dei compensi interni al preventivo) può sviluppare la SCV come, quando e dove vuole?
Interroganti: Sergio Morisoli, Gabriele Pinoja, Lara Filippini, Paolo Pamini, Tiziano Galeazzi, Cleto Ferrari.