Un'interrogazione sul tema presentata due anni fa da 34 deputati è tuttora inevasa. Käppeli: «Vogliamo aspettare che diventi un’emergenza per fare qualcosa?»
LUGANO - Quello della canapa è un tema perennemente d’attualità. Proprio settimana scorsa il Consiglio nazionale ha bocciato (104 voti contro 86) un’iniziativa parlamentare che chiedeva di procedere a una sua liberalizzazione controllata. A livello cantonale però tutto tace. Un’interrogazione presentata il 26 ottobre 2016 da 34 granconsiglieri dal titolo “Il mondo si muove. Noi stiamo a guardare? Tredici domande per una politica ticinese in materia di cannabis che protegga efficacemente i giovani e riduca i costi sanitari e sociali a carico della collettività” è infatti, dopo quasi due anni, tuttora inevasa.
«Con la scusa che il tema è di competenza federale non lo si vuole affrontare», lamenta Fabio Käppeli, primo firmatario dell’atto parlamentare. «Abbiamo un Programma cantonale di prevenzione per tabacco e alcol, ma manca quello per la cannabis nonostante l’impatto che questa droga ha sui giovani. Forse da noi non c’è ancora “un’emergenza cannabis”, ma vogliamo aspettare che lo diventi prima di fare qualcosa?». Anche in seno al PLRT c'è una certa reticenza nell’affrontare l’argomento, ci conferma il giovane deputato in Gran Consiglio. Forse anche per la presenza di due correnti di pensiero opposte: una aperta alla regolamentazione, l'altra favorevole allo status quo.
Legalizzazione totale a Basilea - La proposta avanzata qualche settimana fa dalla sezione basilese del PLR è invece esplicita: legalizzare tutte le droghe, anche quelle considerate pesanti come cocaina ed eroina. Per i liberali-radicali renani bisognerebbe lasciare ad ogni individuo la responsabilità di consumare ciò che vuole, anche se ciò può essere dannoso per la salute: «Non bisogna vietare, ma legalizzare, controllare e tassare».
A livello nazionale il pensiero del partito è invece piuttosto diviso. La presidente Petra Gössi si dice scettica su un’eventuale liberalizzazione, visto che per lei «la Svizzera dispone di una politica antidroga che funziona bene e invidiata dagli altri Paesi». Il consigliere federale ticinese Ignazio Cassis ha invece più volte ribadito di essere favorevole a un mercato regolamentato, anche per quanto riguarda la cocaina.
L’individuo al centro, non la droga - Eppure negli ultimi anni in molti Stati vi è un cambio d’approccio per quanto riguarda la cannabis (l’ultimo in ordine di tempo è il Sudafrica). «Anche da noi dobbiamo essere più aperti e pronti a sperimentare nuove vie, come quella della regolamentazione», sostiene Käppeli, precisando che anche per chi la pensa come lui l’obiettivo ultimo è quello di ridurre il consumo: «Molti studi hanno già dimostrato che la regolamentazione non porta a un aumento dei consumi. Anche la Commissione federale per le questioni relative alle dipendenze sostiene che il proibizionismo ostacola la prevenzione».
Più risorse - Pur essendo aperto alla ricerca e alla sperimentazione di nuove regolamentazioni delle droghe a 360 gradi, per Käppeli oggi bisogna rimanere sul discorso legato alla cannabis sperimentando una regolamentazione di questa sostanza e in seguito, se i risultati saranno positivi, valutare se è possibile un indirizzo simile anche per altre droghe: «In Svizzera la politica dei quattro pilastri (prevenzione, terapia, riduzione dei rischi e repressione) è sbilanciata a favore di quest’ultima - continua -. Regolamentando il mercato vi sarebbero delle entrate, come funziona per alcol e tabacco, che potrebbero essere destinate proprio alla prevenzione. Introiti fiscali che per quanto riguarda la cannabis, per la Confederazione, sono stimati da 300 a 600 milioni di franchi».
Meno costi - I benefici di una regolamentazione non sarebbero però solo finanziari - togliere denaro agli spacciatori per metterlo nelle casse dello Stato -, ma anche sociali e sanitari. «Uno studio preliminare dell’Università di Berna ha mostrato che il 91% dei campioni esaminati, alcuni dei quali provenienti dal Ticino, conteneva sostanze altamente nocive come metalli pesanti e pesticidi», sottolinea Käppeli ricordando pure come la Svizzera sia il terzo Paese al mondo con il più alto consumo giovanile di canapa.
No alla vendita nei supermercati - Un mondo senza droghe «non è immaginabile», ma la preoccupazione nasce quando da pratica estemporanea si cade in una dipendenza. Ne è convinto anche il granconsigliere PLR. Il modello su cui punterebbe è quello dei cosiddetti “social club”, degli spazi chiusi in cui si sa cosa si fuma e in cui si viene sensibilizzati sui pericoli legati al consumo di droghe. Insomma, dei luoghi nemmeno troppo differenti dai noti “coffee shops” di Amsterdam, dove, ricorda Käppeli «il consumo di cannabis è più basso rispetto alla Svizzera».