I Verdi del Ticino prendono posizione sulla vicenda dei rimborsi spese, a cui 4/5 del Consiglio di Stato non ha voluto rinunciare. Il Partito socialista: «Il Parlamento decida al più presto»
BELLINZONA - Anche i Verdi hanno voluto prendere posizione sulla querelle che vede opposti Matteo Pronzini da una parte e quattro dei cinque consiglieri di Stato dall'altra, ovvero colora che fanno parte del «partito del privilegio e dell’incapacità di percepire la pancia del paese».
«In Ticino il 31% degli abitanti è a rischio di povertà, le persone in assistenza sono raddoppiate dal 2012 ad oggi e il reddito disponibile delle famiglie è sempre minore, complici anche i tagli delle prestazioni sociali che permettevano una vita più dignitosa a molte economie domestiche in difficoltà. Il Governo propone di stabilire un salario minimo “dignitoso” a quota 18,75 franchi orari, cifra che di dignitoso non ha proprio nulla», premettono i Verdi. «Eppure quando si tratta di difendere i propri privilegi, come ad esempio il rimborso forfettario di spese telefoniche di 3'600 franchi annui, non ritiene necessaria alcuna parsimonia né empatia verso le fasce meno agiate della popolazione».
«A questi privilegi non si può certo rinunciare, neppure in assenza di una base legale. Neppure se si guadagnano 20'000 franchi al mese mentre un abbonamento telefonico de luxe non supera i 2'000 franchi all’anno e per difenderli si cerca a tutti costi limitare la trasparenza della gestione della cosa pubblica», prosegue in modo sarcastico il partito.
Ricordando che «i veri problemi sono quelli della popolazione e non la difesa di privilegi ormai ingiustificabili dopo aver chiesto sacrifici a tutti coloro che non fanno parte di un’élite», i Verdi concludono affermando di «essere un po’ stufi di questo Consiglio di Stato».
«Il Parlamento decida» - Anche il Partito socialista si esprime sulla questione dei rimborsi, sostenendo che «la questione debba essere risolta una volta per tute dal punto di vista politico in Parlamento». Lo scontro tra Matteo Pronzini e i consiglieri di Stato, in sede giudiziaria, «non è un metodo che può risolvere il problema politico».
Il Gruppo socialista si dice «pronto da tempo a decidere» in Parlamento. «La lentezza e l’esitazione con cui si sta trattando questo dossier nuoce alla credibilità delle istituzioni e della politica». Per questo motivo chiede che i partiti di tutto l’arco parlamentare si attivino al più presto affinché la questione dei rimborsi non si protraggano ancora.
I socialisti colgono inoltre l'occasione per sollevare un altro dossier che «non può più attendere di essere risolto»: quello sulla previdenza vecchiaia dei Consiglieri di Stato e il loro assoggettamento alla Cassa pensione così come avviene per tutti i dipendenti dello Stato. Anche in questo caso, il Gruppo Socialista «è pronto da parecchio tempo a decidere» anche perché «il decreto del 2015 sul passaggio dei Consiglieri di Stato alla cassa pensione ordinaria andava attuato entro il 2016 e ad oggi è rimasto senza seguito».