Il consigliere nazionale Marco Chiesa ha dedicato la propria allocuzione ai valori svizzeri e alle sfide del prossimo futuro
MENDRISIO - «Sono convinto non occorra essere nati svizzeri, non occorra avere genitori o nonni nati svizzeri per sentire scorrere e pulsare dentro di sé le virtù del nostro Paese. Esse non valgono meno per chi ha scelto di diventare svizzero. È una questione di cuore, di coscienza e di forza di spirito». Così si è espresso questa sera a Mendrisio il consigliere nazionale Marco Chiesa nel corso delle celebrazioni per il Primo d’agosto.
Nel Magnifico Borgo il consigliere nazionale UDC ha ricordato la figura di Luigi Lavizzari e i moti sul Ceresio del 1978. «Mendrisio visse da vicino questa rivolta e il giorno stesso della liberazione venne issato nel Borgo l’albero della libertà» ha detto Chiesa, ricordando che «i Ticinesi preferivano restare, da pari a pari, con le genti d’oltre San Gottardo, diverse per lingua, religione, mentalità, piuttosto che aggregarsi alla Repubblica Cisalpina e ai Milanesi sebbene della stessa stirpe e religione, mentalità e costumi, e che parlavano la stessa lingua, anzi lo stesso dialetto». In altre parole «liberi e svizzeri».
Le proprie preoccupazioni in ottica futura il consigliere nazionale le rivolge piuttosto «all’evoluzione internazionale», identificando le questioni relative all’accordo quadro e all’autodeterminazione svizzera quali «prossime fondamentali sfide iscritte nell’agenda politica della Confederazione». Chiesa, nonostante le pressioni, si è però detto ottimista perché convinto che «i nostri valori non siano negoziabili e che il Popolo non rinuncerà mai alla sua libertà».