Il consigliere federale Ignazio Cassis ha ricordato i moti di Lugano nel suo discorso per i festeggiamenti del Primo agosto
LUGANO - Essere svizzero significa non assoggettarsi al potere di terzi e far parte di uno Stato fondato sul desiderio di imporsi padroni in casa propria. Con queste parole si è espresso oggi a Lugano il consigliere federale Ignazio Cassis, in occasione delle celebrazioni per il Primo agosto. Nel suo discorso, non sono mancati cenni storici riguardanti il Ticino e la città sul Ceresio in particolare.
Il ministro degli esteri, che in giornata ha anche parlato a Monteceneri dopo essere stato ieri ospite a Rorschach (SG), ha citato i "moti di Lugano" del 1798. Nel febbraio di quell'anno, il Corpo dei volontari luganesi fermò, con l'aiuto dei Confederati, un gruppo di Cisalpini mandati alla conquista della città da Napoleone Bonaparte, il quale aveva appena sconfitto in Lombardia le truppe reali e pontificie.
Secondo Cassis, l'episodio è rappresentativo di un eterno quesito: «perché i ticinesi volevano essere svizzeri e non italiani? Perché i romandi non sono francesi e perché gli svizzeri-tedeschi non sono tedeschi?». La risposta è che la Svizzera è una "Willensnation", una nazione nata dalla volontà comune di difendersi contro poteri esterni, ha proseguito. Un Paese che «giorno dopo giorno continua a chiedersi se davvero vuole stare assieme», pur se oggi la domanda non si declina più nella lotta armata, bensì nei tanti compromessi fra regioni e sensibilità diverse.
Il consiglio federale, ha sottolineato Cassis, è un collante, un simbolo di questa coesistenza e lo è perchè, paradossalmente, è debole, se comparato ai governi di Stati centrali: il vero potere resta ai Cantoni. «In questi primi nove mesi di governo, ho avuto l'opportunità di visitare ogni angolo del Paese. A volte il mix culturale e linguistico era impressionante». Ho dato la priorità alla Svizzera - ha continuato il membro dell'esecutivo - perché ho seguito il mio motto: non può esistere alcuna politica estera che non sia appoggiata all'interno.
Cassis si è inoltre concesso un aneddoto, ricordando i tempi in cui la sua carica attuale, quella di responsabile degli esteri, nemmeno esisteva. La nascita del ruolo fu travagliata, in quanto i viaggi in terre straniere erano visti con scetticismo perché considerati contrari allo spirito neutrale e repubblicano della Svizzera.
Il ticinese ha poi concluso il suo discorso evocando il «privilegio» che gli è stato concesso: quello di rappresentare la cultura italofona in governo dopo 18 anni di assenza. «Vorrei anche fungere da anello di collegamento tra Ticino e Berna, pur cosciente che si tratta un po' di una contraddizione. La peculiarità ticinese di voler essere a tutti i costi svizzeri, ma al contempo volersi distinguere dal resto del Paese, esiste ancora oggi», ha dichiarato Cassis, aggiungendo che tale dilemma si protrarrà indipendentemente dalla presenza o meno di un ticinese in Consiglio federale.