Solamente due comuni su otto hanno dato il loro appoggio al progetto. La presidente Zaninelli: «Occasione persa, ma la decisione va rispettata. Alla fine la differenza è stata fatta da 109 voti»
LOCARNO - Il Parco Nazionale del Locarnese è stato sotterrato oggi dai cittadini di sei degli otto comuni che avrebbero dovuto farne parte.
Solamente Ascona e Bosco Gurin - due territori agli antipodi (geograficamente parlando) - hanno infatti aderito al progetto. Il "sì" del 59.4% dei cittadini del Borgo (1'084 voti) e del 54.1% di quelli del villaggio Walser (20 voti) non sono però serviti a nulla.
Sì, perché tutti i comuni della parte centrale del Parco hanno bocciato il progetto. I "no" più convinti sono arrivati da Centovalli (54.47%) e Brissago (54.30%). Anche Losone (52.71%), Onsernone (51.10%) e Terre di Pedemonte (51.27%) hanno rigettato il Parco. Mentre a Ronco sopra Ascona i contrari l'hanno spuntata per un solo voto di scarto (140 a 139). «Senza questi comuni non ci sono i presupposti per realizzare il progetto», conferma la presidente del Consiglio del Parco Tiziana Zaninelli. «È un peccato perché difficilmente la nostra regione potrà contare su un'altra opportunità simile».
La Presidente del Consiglio del Parco si inchina però al volere popolare. «In democrazia, la decisione dei cittadini va rispettata», ricordando comunque che la differenza è stata fatta da solo 109 voti (4170 "sì" e 4279 "no"). «Questo dato ci invita a continuare come abbiamo fatto finora, ad impegnarci e a lavorare per il bene comune del nostro territorio», conclude Zaninelli.
Insomma dopo l'affossamento del Parc Adula, era il 27 novembre 2016, oggi il Ticino dice per la seconda volta "no" alla creazione di un Parco Nazionale. Il meno che si può dire, parafrasando un celebre film, è che il nostro «non è un Cantone per Parchi».
Le reazioni:
I Verdi del Locarnese: «Siamo delusi» - Delusione è la parola d'ordine per i Verdi del Locarnese. «Nonostante i toni del dibattito, soprattutto da parte dei contrari, potessero far presagire a questo risultato, eravamo speranzosi». Invano. La bocciatura fa male alla sezione ecologista della regione soprattutto perché la maggioranza della popolazione non voluto dare una possibilità al Parco. «Benché vi fosse la possibilità di valutare l’abbandono del progetto dopo 10 anni». I Verdi incitano adesso i contrari ad «assumersi le proprie responsabilità» nello sviluppare altre idee o proposte per rilanciare le queste zone e concretizzare la proposta di parco regionale.
La rete dei parchi svizzeri: «Palla al Governo» - Con la legislazione attuale la creazione di un parco nazionale «non è realista» e il Consiglio federale deve prendere le dovute misure: ne è convinta Rete dei parchi svizzeri, l'associazione federativa dei parchi e dei relativi progetti in Svizzera. In seguito al rifiuto sul Parco del Locarnese e a quello del Parc Adula (GR/TI) del 2016, la Rete dei parchi svizzeri invita il governo federale «a sviluppare un nuovo approccio che metta in primo piano il potenziale delle aree protette in Svizzera».
Giovani PPD: «Persa una grande opportunità» - I giovani PPD si «rammaricano» per il risultato scaturito dalla urne degli otto comuni del Locarnese. «Riteniamo che si sia persa una grande opportunità per dare una maggior visibilità ad una regione periferica del nostro cantone». Secondo il Comitato di Generazione Giovani PPD questi i fondi federali non sarebbero solo serviti per «finanziare progetti di rivalorizzazione delle nostre valli o creare posti di lavoro ed introiti diretti ed indiretti dalla presenza del Parco», ma anche «per tutelare la natura che è uno dei patrimoni del Ticino». Un patrimonio che secondo i giovani PPD va «protetto anche per le generazioni future».
PS: «Esito deludente» - Anche per il Partito socialista, il no al Parco nazionale del Locarnese rappresenta «un’occasione persa: un esito deludente». Secondo i socialisti, «si è lasciata scappare un’opportunità che avrebbe permesso di proteggere un prezioso patrimonio naturalistico, la sua biodiversità e che, oltre a ottenere degli importanti contributi di oltre 50 milioni in dieci anni, avrebbe significato un importante stimolo all’economia regionale delle zone periferiche e di montagna».