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TICINOLugano sarà davvero un polo culturale?

24.03.11 - 09:01
Il direttore delle attività arti visive del LAC, risponde punto per punto alle critiche e guarda al futuro
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Lugano sarà davvero un polo culturale?
Il direttore delle attività arti visive del LAC, risponde punto per punto alle critiche e guarda al futuro

Marco Franciolli, Direttore del Museo Cantonale d'Arte e del Museo d'Arte di Lugano, risponde a dubbi e polemiche.

Direttor Franciolli, nei prossimi giorni saranno pubblicati i dati di chiusura dell’afflusso di visitatori alle mostre del Polo culturale. Come interpreta questi elementi che, stando alle prime indicazioni, non hanno registrato partecipazioni esaltanti di pubblico?
"È vero, rispetto a quanto ci si aspettava non vi sono stati i picchi di pubblico per le singole mostre, tuttavia ritengo soddisfacente l’affluenza per l’insieme delle proposte che hanno composto l’iniziativa Nippon. La misura di quanto sia stata apprezzata la stagione dedicata al Giappone diventa però interessante attraverso il rilevamento dei dati relativi a quale pubblico ha scelto le diverse mostre, spettacoli o eventi collaterali e le reazioni unanimemente positive espresse in vari modi. Va poi sottolineato che per il Polo culturale di Lugano Nippon ha offerto una preziosa opportunità per verificare le modalità di collaborazione fra istituti e di ottimizzazione delle risorse. Particolarmente gratificante è stato il rilievo dato all’evento dalla stampa nazionale e internazionale con articoli molto positivi. All’apprezzamento espresso da una larga fascia del pubblico locale ha fatto eco quello da parte di visitatori confederati che hanno addirittura indirizzato lettere entusiastiche – anche al Sindaco - per quanto hanno potuto visitare a Lugano. In realtà, questa prima esperienza che ha coinvolto le istituzioni della cultura e numerosi attori culturali su uno stesso tema lo abbiamo vissuto come un laboratorio per l’impostazione delle future strategie di politica culturale nella prospettiva dell’apertura del LAC.  Lugano intende, attraverso la realizzazione del nuovo centro culturale, promuovere la sua immagine di città della cultura, ma si tratta di innescare un processo di cambiamento che inevitabilmente richiede tempo e costanza. Credo che da qui a qualche anno sarà possibile portare la cultura ad assumere un ruolo ancora più centrale nella vita sociale della città, e le presenze alle mostre non potranno che risentirne positivamente".

La sua professionalità ed esperienza si erano sinora esplicate al vertice del Museo cantonale, a Lugano. Quali sono esattamente oggi il suo incarico, il suo ruolo e i suoi obiettivi nell’ambito del Polo culturale e del Lac?
"Sono stato chiamato a dirigere il programma delle attività del settore delle arti visive: museo, collezioni, mostre, ma anche residenze, workshop, ricerca. Il mio compito sarà quello di coordinare le tante professionalità di alto e altissimo livello di cui il Polo culturale si potrà avvalere per mettere a punto e realizzare il suo programma espositivo, le sue attività formative e scientifiche. La direzione congiunta del Museo d’Arte e del Museo Cantonale d’Arte è stata voluta per favorire il processo di avvicinamento e di collaborazione integrata fra Città e Cantone nella realizzazione di un museo adeguato alle aspettative del pubblico attuale e al contempo compatibile con il mandato istituzionale. Sarebbe un discorso troppo lungo per questa sede, ma non si può evitare di sottolineare come oggi a livello internazionale ci si interroghi sulla valenza e le modalità di funzionamento dei musei in una realtà come quella contemporanea segnata da profondi mutamenti nella trasmissione della conoscenza e della memoria. L’obiettivo prioritario che mi pongo è quello di rendere il museo che si aprirà al LAC una presenza significativa nella geografia confederale ed europea della cultura contemporanea, grazie ad un costante impegno verso la qualità delle proposte, che renda la città sempre più consapevole e orgogliosa della possibilità di usufruire di una offerta culturale ricca e stimolante".

I media e una vasta parte del pubblico lamentano una scarsa affluenza alle mostre da voi proposte. Anche Nippon, a dispetto di temi che alcuni hanno definito ‘piccanti’ non sembra aver invertito il trend. Misurare una mostra in base al numero di visitatori è il solo parametro valido? Ma alla fine, per il contribuente e gli sponsor, non è il numero dei biglietti e cataloghi venduti che conta?
"Il motivo per cui esistono i finanziamenti pubblici alla cultura è permettere a tutti di poter usufruire di opportunità culturali, se lo desiderano. La qualità della fruizione è altrettanto importante della quantità dei fruitori. Tanto per fare un esempio, se una mostra ha un grande successo ma in pratica l’esperienza della visita si rivela frustrante perché costringe il pubblico a farsi spazio in una calca che a malapena rende le opere visibili, qual è il grado di apprezzamento di tutto questo per chi visita? Ma se una mostra, anche se visitata da meno spettatori, fa sì che coloro che la visitano ne escano con una maggiore e migliore comprensione dell’arte, questo ha un effetto positivo sulla regolare frequentazione del museo che al contribuente può interessare: perché un paese con un più alto livello di cultura dei cittadini è, come mostrano i molti studi condotti in diversi paesi del mondo, un paese più innovativo e aperto alle idee, più coeso socialmente, più capace insomma di affrontare le tante sfide della complessità contemporanea. Va detto che grazie alla visibilità ottenuta dalle nostre iniziative, non solo in Ticino ma soprattutto sulla stampa estera, si può osservare che all'investimento corrisponde una ricaduta d'immagine per Lugano quantificabile anche in termini economici, come stanno giustamente rilevando i servizi preposti al management e alla comunicazione del LAC".

Gli sponsor vi chiedono i grandi numeri, come la mettiamo?
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Anche per gli sponsor il numero dei visitatori non è l’unico parametro importante, anche perché non è detto che ai grandi numeri corrisponda una grande consapevolezza del marchio dell’azienda o dell’istituzione che ha sostenuto il progetto. Tutto dipende dagli obiettivi dello sponsor stesso che non sempre sono legati alla quantità di visitatori, quanto piuttosto alle loro specifiche caratteristiche. Ancora una volta, conta quindi il gradimento effettivo, la capacità che lo sponsor ha avuto di abbinare sapientemente il suo marchio al tema e al senso della mostra, illustrando come questa sia coerente con la propria filosofia di valore. Questo è già da ora un punto a cui prestiamo molta attenzione, e ancora di più lo faremo in futuro, sviluppando con i nostri sponsor, che non mancano (e anche questo credo che vada considerato un segnale concreto di apprezzamento per il lavoro svolto), un approccio di sempre maggiore condivisione. Più che sponsor, nel tempo vorremmo avere soprattutto partner, cioè aziende che condividono il nostro metodo di lavoro e sono disposte ad accompagnarci per lunghi tratti di strada comune.
Per tornare a Nippon, sarebbe davvero troppo riduttivo pensare che la sua attrattività possa essere legata a temi più o meno ‘piccanti’. Il Giappone è una cultura complessa, difficile da capire per noi europei, e proprio per questo pone sfide che non tutti possono essere disposti ad accettare. Ma questa operazione ha prodotto, nel contesto di quel progressivo processo di costruzione di una nuova immagine culturale della città, alcuni risultati significativi da non trascurare: l’apertura di forti e importantissime relazioni con la terza economia mondiale, che non si limitano all’aspetto culturale ma possono col tempo estendersi ad altri versanti, come mostrano le politiche culturali di paesi come la Germania, la Francia o il Regno Unito, che sanno investire nella cultura per migliorare le proprie relazioni internazionali. Infine mi preme sottolineare come Nippon abbia prodotto anche un forte accreditamento presso gli ambienti culturali, che hanno apprezzato moltissimo la qualità dell’operazione e cominciano a guardare a Lugano come piazza culturale emergente e promettente. Non sono risultati di poco conto, e gli effetti si vedranno nel medio termine".

In base alla vostra analisi dei dati di chiusura, è vero che l’arte contemporanea non interessa per niente i ticinesi? Perché puntate sul pubblico italiano e sembrate ‘trascurare’ il pubblico svizzero locale e d’oltralpe?
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La domanda mi sorprende poiché contraddice la mia esperienza personale. Per quanto riguarda il pubblico, non c’è una attenzione preferenziale per l’area geografico-culturale italiana a danno di quella locale o transalpina: e a riprova di questo credo sia facile verificare che la nostra programmazione non presenta contenuti a supporto di una simile tesi. E’ chiaro che la vicinanza con l’area metropolitana milanese costituisce una opportunità per noi, ma altrettanto può dirsi nei confronti delle grandi capitali culturali svizzere, da Zurigo a Basilea, da Ginevra a Lucerna, e così via. Il vero salto da fare è quello di comunicare con efficacia e credibilità l’idea che Lugano possa diventare un polo culturale attrattivo: se questo messaggio passa, i risultati si vedranno su tutti i versanti che fanno parte del nostro bacino d’utenza allargato, che siano a nord oppure a sud.
Per l’altra parte della sua domanda, il numero di persone che si interessa all’arte contemporanea in Ticino è, proporzionalmente, identico a quello di altre regioni. È fuori dubbio che laddove per tradizione la presenza di spazi per l’arte contemporanea è ormai consolidata, il rapporto fra il pubblico e il contemporaneo è più semplice, l’interesse per l’arte contemporanea è determinato anche dalla storia di una regione, dalle abitudini. Un segnale incoraggiante viene da città in cui l’interesse per il contemporaneo era pressoché inesistente e nel giro di poco tempo, con l’apertura di istituti culturali attivi e dinamici, si è manifestata una crescita significativa dell’attenzione e della partecipazione all’offerta culturale. Grazie al LAC, avremo finalmente una struttura di dimensioni adeguate che favorirà sicuramente l’avvicinamento ai linguaggi dell’arte attuale".

Il Museo cantonale ha sempre posto una particolare attenzione alla produzione artistica ticinese, con il Lac cambierà qualcosa e come?
"Il Lac continuerà a prestare una grande attenzione alla realtà ticinese, non soltanto offrendo spazi di visibilità, ma anche e soprattutto di crescita. Avendo a disposizione una piattaforma come quella del nuovo museo, sarà più facile attirare curatori e direttori di museo stranieri, grandi collezionisti, artisti, e così facendo la scena artistica ticinese avrà maggiori opportunità rispetto al passato per farsi conoscere e affermarsi anche al di fuori dal proprio ambito locale".

Vi vengono rimproverate scelte espositive elitarie, non ritiene che la politica culturale del Comune di Lugano dovrebbe proporre mostre di più ampia presa sul grande pubblico? Perché non avere maggiori contatti e scambi con, ad esempio, i musei di Zurigo, Basilea, Ginevra? Avremo mai, ad esempio, la mostra zurighese di Picasso a Lugano?
"Avendo a disposizione una struttura come il Lac sarà possibile, più che in passato, progettare e ospitare anche grandi mostre, e intensificare le relazioni, che peraltro non sono mai mancate, con i musei di Zurigo, Basilea, Ginevra e molti altri ancora nazionali ed internazionali. Vorrei ricordare che in occasione dei vent’anni del Museo Cantonale d’Arte, i maggiori musei svizzeri hanno reso omaggio al giovane museo ticinese con una mostra che ha riunito molti capolavori delle loro collezioni, intendendo così sottolineare l’intensa collaborazione che il nostro istituto intrattiene con i musei svizzeri. Peraltro, è necessario ribadire come nei maggiori musei, non solo in quelli svizzeri citati, il cuore della programmazione culturale veda le grandi mostre affiancate ad altre più complesse, sicuramente destinate ad un pubblico più ridotto, ma indispensabili per un lavoro culturale serio in grado di rispondere al mandato istituzionale. La mostra di grande richiamo, quando supportata da un’impostazione scientifica solida e quando se ne presenterà l’occasione non ce la faremo sfuggire. Ma nel caso da lei citato dell’esposizione di Picasso al Kunsthaus, esemplare in tutti i sensi sul piano culturale, artistico e del successo, il legame con la storia del museo zurighese rende improponibile la mostra in qualsiasi altra sede. Non dubito che sapremo individuare in futuro i progetti più consoni per rendere Lugano un polo culturale importante negli anni a venire".
 

Luca M. Venturi

Foto Keystone

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