Povero il 7,5% degli elvetici secondo le statistiche, +0,5% in un anno. Qui abbiamo superato da tempo il 17%. E a rischio povertà è ormai addirittura uno su tre
NEUCHÂTEL/GIUBIASCO - Un anno dopo, la situazione peggiora. Di percentuali in apparenza modeste, che dette così sembrano un nulla, e che anche l'Ust (Ufficio federale di statistica) accantona senza grossi pensieri come «normali fluttuazioni statistiche». Eppure «il clima congiunturale è favorevole», contesta la Caritas, invocando soccorso e strategie nazionali: come si spiegano dunque, domanda, quelle percentuali in incremento progressivo arrivate al 7,5% di poveri in Svizzera, +0,5% in un anno che significa 44mila persone in più?
In tre anni 150mila poveri in più - Erano 615mila nel 2016 (7,5%), 571'500 nel 2015 (7%), 532'800 nel 2014 (6,6%), 457'700 nel 2013 (5.9%). Se poi si guarda al Ticino, l'ascesa è allarmante. Per anni intorno a un inglorioso tasso di povertà fra il 10% e l'11%, di botto nel 2014 è arrivato al 15,7% di poveri, nel 2015 al 17,3% e 60mila persone, dati Ustat appena elaborati in uno studio che segnala, neanche troppo a sorpresa, come si tratti del cantone più indigente. Sorprende, semmai, realizzare che le percentuali sono più che doppie, rispetto a chi è secondo (Lemano, 8%) in questa poco ambita classifica.
Qui si sta due volte peggio - Reddito lordo medio delle economie domestiche ticinesi: 8'768 franchi al mese, «ossia 1'300 franchi in meno rispetto alla media svizzera - scrivono gli autori - da imputare principalmente al minor afflusso di redditi da lavoro, pari a 6'132 franchi in Ticino rispetto ai 7'600 franchi in Svizzera». Un'unità statistica che però «non rispecchia purtroppo la situazione di tutte le economie domestiche. Non sono poche, infatti, le situazioni finanziarie precarie».
A distanza di 12 mesi, a qualcuno va meglio: ma non a tutti - Ed ecco dunque numeri che, stavolta, fanno addirittura paura. Perché la povertà non è tanto o solo quella che si misura nelle situazioni contingenti e magari l'anno dopo si risolve. Lo stato d'indigenza in Svizzera ha tempi brevi, giura l'Ust; bastano dodici mesi e la maggioranza torna a percepire salari sufficienti al proprio sostentamento. Né è, banalmente, quell'1% che, sempre secondo le statistiche, continua invece a versare in stato di povertà, allargando la durata temporale di una condizione precaria. È il cosiddetto "rischio povertà", che misura le persone «che dispongono di un reddito sensibilmente inferiore al livello abituale dei redditi del Paese in cui vivono», soglia fissata dall'Ue al 60%.
Da uno su quattro a uno su tre - Ebbene, se la Svizzera può bearsi di un 14,7% di "persone a rischio povertà", che è un tasso fra i più bassi in Europa (media 17,3%), ecco che di nuovo il Ticino sfora in misura impietosa. E se si ignora che comunque la percentuale è in crescita anche a livello nazionale (13,3% nel 2013, poi 13,5% e 14,6%), non si può trascurare come il Ticino spicchi per un trend, al confronto, in rapidissima ascesa: 24,4% nel 2013; 27,9% nel 2014; 31,3% nel 2015 e 31,4% nel 2016, per 108'485 individui.
C'è chi non può permettersi neanche una bistecca - In tre anni, si è passati da una persona su quattro a ormai una su tre. Gente che non sa far fronte a una spesa imprevista, che ha pagamenti in arretrato e che, a volte, non riesce nemmeno a portare la carne in tavola.