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LOCARNO"I familiari di Arno hanno abbracciato D.D."

29.05.13 - 11:01
La rivelazione in aula di Mario Branda, rappresentante dell'accusa privata: "Il ragazzo ha detto la verità e si è pentito
Foto Ti-Press
"I familiari di Arno hanno abbracciato D.D."
La rivelazione in aula di Mario Branda, rappresentante dell'accusa privata: "Il ragazzo ha detto la verità e si è pentito

LOCARNO - Dopo Marisa Alfier il dibattimento è proseguito con l'intervento di Mario Branda, rappresentante dell'accusa privata.

"Siamo convinti che la verità è possibile dimostrarla, e quindi a far coincidere quella che è la verità storica con quella giudiziaria" ha detto Branda, che ha ricordato di avere ricorso alla decisione di primo grado. "Quando era qui D.D. (l'autore del delitto), voi non l'avete visto - ha rivelato l'avvocato - i miei mandanti hanno abbracciato l'assassino perché lo hanno sentito dire la verità e il pentimento. A volte la vita e la speranza prevalgono sulla morte". Il ragazzo, secondo Branda, ha riconosciuto le sue colpe.

Mitra teme la giustizia - "Il certificato medico lascia qualche perplessità - ha dichiarato Branda - l'assenza di Mitra Djerdjovic è quella di una persona che, in realtà teme la giustizia e teme la verità". Secondo Branda, la presenza di D.D. in aula non è stata passiva, ma è servita a fare emergere la verità.
 
Mario Branda ha poi polemizzato sul fatto che, durante il processo di primo grado, non si siano adottate misure a tutela dei minorenni, che avrebbero facilitato a far emergere la verità: "D.D. ha dovuto parlare davanti alla Corte a due metri dalla madre". Questo  ha influenzato il giovane, già di per sé fragile e considerato dall'accusa privata succube della madre. 
Branda ha definito "la sentenza criticabile e sbagliata".
 
Il ruolo di Kenny Fila - "Fila si è trovato nella casa di Arno il giorno dopo l'omicidio, ci ha girato dentro quella casa e dove venivano dette cose strane" ha detto l'avvocato ricordando la visita nell'appartamento di via Daro 8 di Fila e di Paiva. Fila ha accettato l'offerta di 1000 franchi di D.D. per aiutare a sbarazzarsi del cadavere. Anche per quanto riguarda l'idea di provare a eliminare il corpo gettandolo dalla diga della Verzasca, anche se lui dice che era una scusa che avrebbe permesso, vista la presenza di telecamere, a fare intervenire la polizia, è stato Fila a proporla. Il kosovaro ha anche suggerito a D.D. di appesantire la valigia con degli oggetti metallici, dove si trovava parte del corpo del povero Arno. Fila ha anche aiutato il giovane a scegliere la sega utile a smembrare il cadavere.

E quindi Kenny Fila, secondo l'accusa privata, sarebbe da condannare per favoreggiamento.
 
Il ruolo di Mario Paiva - Mario Branda ha ricordato il contesto di una vicenda che ha visto personaggi situati in un "deserto di valori". Paiva è stato definito dall'avvocato Branda "la figura più solida, dalla personalità scaltra e vigile. Paiva non è uno sprovveduto e né un novellino" e non a caso D.D., pochi minuti dopo l'omicidio (la telefonata è delle 21.02 del 1° luglio), si è rivolto proprio a lui, chiamandolo al telefonino.
 
L'ascia - Branda mette in dubbio le giustificazioni addottate da Mario Paiva sui motivi della vendita dell'ascia. In particolare Paiva aveva spiegato di aver pensato che al ragazzo l'ascia sarebbe servita per tagliare la legna, mentre la candeggina acquistata, (tre fusti da 1,5 litri l'uno) pensava servisse alla madre di D.D. per le pulizie di casa. Risposte che non convincono il rappresentante dell'accusa privata.

Mitra Djordjevic - "Ci sarebbe piaciuto averla qui davanti e sentire le sue negazioni e i suoi silenzi. Ma ha scelto di stare lontana. Lei si è contraddistinta per aver negato tutto, anche davanti all'evidenza". pensati le parole di Branda su Mitra Djordjevic, descritta come una donna che considera il matrimonio come strumento per ottenere vantaggi personali,una persona manipolatrice, scaltra, calcolatrice. "Mitra - ha ricordato Branda - l'11 luglio 2011, pochi giorni dopo la morte di Arno Garatti, preleva oltre 15mila franchi dal conto di Arno, svuotandolo".

D.D. - "Ha spesso mentito - ha spiegato Branda in merito al ragazzo imputato - è vero e le sue ritrattazioni non hanno facilitato il lavoro degli inquirenti e della Corte. Ma questo suo atteggiamento oscillante non permette di dire con certezza che lui non abbia detto la verità. La Corte deve valutare le dichiarazioni di D.D.  Non risulta soffrire di patologie psichiche e non aveva trascorsi criminali. Aveva solo 16 anni e bisogna capire due cose: quale era il suo movente personale e quale il motivo di coinvolgere la madre. D.D. ha avvertito il peso della responsabilità in aula, dopo aver guardato negli occhi la madre e la sorella di Arno, uomo che ha ucciso."
 
La madre aveva un movente per uccidere Arno Garatti? - "Ce n'erano almeno due - ha spiegato Branda - la rendita di vedovanza e la casa di Pian San Giacomo".


 

 

 

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