La prof Amalia Mirante: "Il non residente spende il 90% del suo reddito fuori cantone. Attenzione al conflitto tra lavoratori"
BELLINZONA - Il Governo svizzero sta valutando di adottare lo strumento della clausola di salvaguardia per tutti i cittadini dell'Unione Europea. La notizia è stata riportata oggi dal Tages-Anzeiger. La Svizzera cerca in questo modo di frenare l'immigrazione.
In Ticino, cantone di frontiera, lembo di terra circondato dall'Italia e delimitato dalla barriera naturale delle Alpi, oltre all'immigrazione si assiste un altro fenomeno preoccupante: la sostituzione del personale locale con i frontalieri. Meccanici, assicuratori, ingegneri, tecnici, impiegati, segretari, broker a prezzi convenienti. Convenientissimi rispetto ai locali. Tutto bene per i datori di lavoro, meno per chi il lavoro lo cerca. Sono 11.750 i disoccupati ufficiali in Ticino e 55879 i frontalieri. Per i residenti trovare lavoro è sempre più difficile. E chi ce l'ha cerca di tenerselo stretto, perché uscire dal circuito potrebbe voler dire non rientrarvi più. Anche perché negli ultimi cinque anni l'aumento dei lavoratori frontalieri nel terziario è stato del 49%. Amalia Mirante, economista dall'Università della Svizzera italiana e docente alla Supsi a LaRegioneTicino non usa giri di parole: "Di regola, chi non risiede in Ticino, accetta salari molto più bassi. Si crea così una concorrenza sleale perché i residenti non possono vivere con 1.500 franchi al mese, se non rimanendo ancorati ai sistemi di sicurezza sociale".
"Da qualche anno - ha spiegato la dottoressa al quotidiano - anche nel terziario, sembrerebbe si licenzi per assumere chi, a pari formazione e competenze, costa meno. E' strutturale. Con la crisi, si accentua il conflitto tra lavoratori, indigeni e non, mettendo a rischio la pace sociale. In queste condizioni, la sostituzione di manodopera nuoce all'intera economia cantonale. Anche perché il non residente spende il 90% del suo reddito fuori cantone, generando posti di lavoro, benessere e gettito fiscale in un altro Paese, e non in Ticino".
C'è però un altro aspetto etico che in Ticino e in Svizzera non si considera. Il fenomeno sottrae ai paesi da dove arrivano i frontalieri forza lavoro. Infermieri, medici, tecnici, operai specializzati di fabbrica, eccetera vengono sottratti al tessuto produttivo e sociale di Italia, Francia e Germania. Nel Piemonte Orientale, per esempio, i piccoli imprenditori lottano quotidianamente per assicurarsi forza lavoro, che invece, per motivi economici cerca fortuna in Svizzera. Questo vuol dire che l'imprenditore del Verbano-Cusio Ossola, che investe risorse sui suoi dipendenti, vive con il timore di perderli perché questi ultimi sono attratti dalla possibilità di guadagnare di più in Svizzera.