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VERGELETTO/ZURIGOMorti sospette e «un piano diabolico»

29.01.20 - 10:41
A Zurigo due uomini vanno a processo per un omicidio che, misteriosamente, sarebbe collegato con la scomparsa di un bracciante all'Alpe Arena
tipress
Morti sospette e «un piano diabolico»
A Zurigo due uomini vanno a processo per un omicidio che, misteriosamente, sarebbe collegato con la scomparsa di un bracciante all'Alpe Arena

VERGELETTO/ZURIGO - Il caso è stato chiuso, riaperto, richiuso ma non del tutto. Un po' come il corpo martoriato di Nikola Hadziev. Probabilmente, verrà pronunciata oggi o domani a Zurigo la parola "fine" sulla vicenda del bracciante macedone i cui resti furono ritrovati nel 2016 nei boschi di Vergeletto. L'inchiesta era stata archiviata dalla Procura ticinese l'anno successivo, ma l'estate scorsa una nuova traccia aveva riportato gli investigatori in Valle Onsernone, e più precisamente all'Alpe Arena. 

È qui che, a luglio scorso, l'omicida Tobias K. avrebbe trascorso parte della sua latitanza. Pochi giorni dopo la scomparsa del macedone. Arrestato mesi dopo nel canton Berna, il criminale era stato trovato in possesso di un capo d'abbigliamento appartenuto al bracciante, le cause della cui morte non sono mai state chiarite.   

Oggi a Zurigo il 27enne andrà a processo assieme a un lituano di 38 anni, per un'altra morte scabrosa: il cosidetto "assassinio di Zurigo-Seefeld". Un «piano diabolico» - secondo l'atto d'accusa - architettato dai due mentre si trovavano in carcere.

Il dibattimento davanti al Tribunale distrettuale di Zurigo dovrebbe durare due giorni. La vittima del delitto era un 41enne che fu pugnalato a morte il 30 giugno 2016 mentre era seduto, durante la pausa pranzo, sul muretto di una stradina del rinomato quartiere zurighese che si affaccia sul lago. Il più giovane degli accusati - conosciuto come Tobias K. - agì durante un congedo dal carcere, accoltellando la vittima scelta a caso.

Lo svizzero e il lituano devono rispondere di assassinio, atti preparatori punibili, tentativo di liberazione di detenuti, sviamento della giustizia e ripetute infrazioni alla legge sulle armi. La pubblica accusa chiede per entrambi la detenzione a vita e la misura dell'internamento. Il lituano dovrebbe inoltre venire espulso dalla Svizzera per 15 anni.

Lo svizzero e il lituano si erano conosciuti nel penitenziario Pöschwies di Regensdorf (ZH). Due giorni prima del delitto, una lettera anonima era stata indirizzata a un deputato al Gran consiglio di Zurigo, in cui si chiedeva la liberazione del lituano. In caso contrario ci sarebbero stati dei morti.

La vittima era un 41enne che lavorava come informatico presso il giardino botanico di Zurigo, situato nelle vicinanze del luogo dell'accoltellamento. Dopo essere stato pugnalato, l'informatico riuscì a fare qualche passo e chiedere aiuto a un passante, prima di stramazzare a terra senza vita.

Soltanto dopo il delitto, la polizia fece sapere di essere alla ricerca del detenuto che non era ritornato nel penitenziario dopo un congedo non accompagnato. Il ricercato era in carcere dal 2014 per scontare una condanna a cinque anni e mezzo per lesioni personali, tentata estorsione e sequestro di persona.

Anche il lituano non era nuovo ai ricatti: l'uomo stava scontando una condanna a 8 anni di carcere per avere ricattato l'industriale Thomas Schmidheiny e le autorità di Zurigo: nell'estate 2012 spedì alle autorità cittadine diverse lettere in cui chiedeva di farsi consegnare 100 milioni di franchi, minacciando in caso contrario di far esplodere delle bombe all'interno di scuole, asili o all'aeroporto di Zurigo.

Dopo l'accoltellamento, Tobias K. rimase introvabile per più di sei mesi. L'accusato fu rintracciato nel canton Berna il 18 gennaio 2017 per caso: la polizia bernese lo aveva fermato nell'ambito di un'indagine sull'acquisto illegale di un'arma sul "darknet". Esaminando le sue impronte digitali gli inquirenti avevano scoperto che corrispondevano a quelle del presunto omicida.

Dopo il rinvio a giudizio si è inoltre appreso che il 27enne si recò dopo il delitto sull'Alpe Arena, in Val Vergeletto. Al momento dell'arresto, Tobias K. fu infatti trovato in possesso di un capo d'abbigliamento appartenuto da Nikola Hadziev, il bracciante macedone che lavorava in nero sull'Alpe Arena di cui si erano perse le tracce il 10 luglio 2016.

Ad Hadziev apparteneva il femore trovato il 9 agosto successivo in Val Vergeletto. In Ticino l'inchiesta sul ritrovamento dei resti umani è stata archiviata nell'ottobre 2017 con un decreto d'abbandono e la conclusione che Hadziev morì per sfinimento.

In relazione al soggiorno di Tobias K. all'Alpe Arena, a Zurigo un uomo è stato posto per diversi mesi in detenzione preventiva per sospetto favoreggiamento. Il procedimento nei suoi confronti è però stato archiviato. L'ipotesi più probabile è che Tobias K. sia arrivato sull'Alpe Arena dopo la morte di Hadziev.

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