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LUGANO«Come un elefante in una cristalleria»

05.09.19 - 12:22
Processo al patrigno che abusò della figliastra, l’accusa chiede una pena di 6 anni e 6 mesi. La difesa: «Non è un mostro e non c’è stata coercizione. La vittima è rimasta passiva»
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«Come un elefante in una cristalleria»
Processo al patrigno che abusò della figliastra, l’accusa chiede una pena di 6 anni e 6 mesi. La difesa: «Non è un mostro e non c’è stata coercizione. La vittima è rimasta passiva»

LUGANO - Abusi sessuali che vengono dal passato. Come spesso accade in vicende simili l’allarme arriva da lontano e si trasforma in tragedia perché qualcuno non ha fatto il proprio dovere. Nella seconda giornata del processo ad un 60enne ticinese accusato di atti sessuali ripetuti ai danni della figliastra minorenne, la parola è passata oggi all’accusa: «I fatti - ha ricordato il procuratore pubblico Nicola Respini - sono molto simili a quelli commessi dall’imputato negli anni 90. Allora commetteva abusi sul proprio nipote. Oggi sulla figliastra».

Nel 1992, scoperto dai famigliari, l’imputato tenta il suicidio, come negli scorsi mesi l’ha tentato in carcere. «Purtroppo quei fatti non sono stati denunciati. Oggi probabilmente non saremmo qui perché sarebbe stato curato» ha detto Respini.

La differenza oggi sta tutta nella responsabilità di un giovane che ha raccontato la confidenza ricevuta dalla vittima nell’agosto 2018. «Fortunamente qualcuno ha avuto più coraggio di quei professionisti. C’è stato un ragazzino, un adolescente che ha parlato dando il via all’inchiesta». Il procuratore ha quindi ripercorso l’accaduto. Nel 2014 l’imputato decide «non si sa per quale motivo» di trovarsi una donna» che conosce su un sito di incontri. Da una situazione di isolamento, «si trova in casa tre donne», la moglie e due figlie non sue, due adolescenti. Dal 2015 vivono tutti assieme e lui si deve occupare di queste ragazze. Definito dal perito come persona «immatura», si trova a gestire questa situazione. 

Da un lato c’è un adulto 60enne, dall’altro una adolescente. «Mi preoccupa - ha continuato Respini - che oggi l’imputato non ha ancora capito di aver abusato della sua figliastra. Dire che le piaceva è un modo per sostenere che non è in fondo così grave». I fatti, per Respini, sono invece oggettivamente gravi. Si è inserito come un elefante in una cristalleria commettendo atti ignobili. Ha soggettivamente pensato a dar sfogo ai propri istinti sessuali. Che sfogava con la moglie e su una ragazzina diventata un semplice oggetto». Tutto questo porta il procuratore a formulare la richiesta di «una sanzione severa ma corretta. Chiedo che venga condannato ad una pena di 6 anni e 6 mesi» ha concluso Respini. 

L’accusatore privato: «Alto rischio di recidiva» - Per l’accusatore privato, l’avvocato Marco Masoni, l’imputato ha consapevolmente tradito la fiducia della figliastra. «Una bruttissima deviazione di percorso per una ragazza che si affaccia alla vita». La vittima teme il rientro a casa dell’imputato, una volta scontata la pena. «L’imputato è una persona molto pericolosa. Il rischio di recidiva è molto alto». L’avvocato chiede la conferma dell’atto d’accusa, tranne per gli episodi attivi negati dalla vittima.

La difesa: «Non è un mostro» - Infine ha preso la parola l’avvocato difensore Chiara Buzzi. «Mi trovo in una posizione difficile si tratta di reati terribili. Il mio lavoro è però di far emergere la verità. Non inizio l’arringa con fatti di trent’anni fa, prescritti». Una difesa nata d’ufficio, ha ricordato: «Un percorso difficile, lungo, ma facilitato dal fatto che il mio cliente era pentito. Non è un mostro, ma una persona fragile e malata». Riguardo ai fatti sono stati ricostruiti minuziosamente, «grazie anche alle ampie ammissioni del mio assistito». Buzzi ha ricordato che quando la vittima ha detto “basta”, l’imputato ha subito desistito. Quanto alla presunta masturbazione compiuta dalla ragazza la difesa si rimette al giudizio della corte presieduta dalla giudice Francesca Verda Chiocchetti (con giudici a latere Aurelio Facchi e Brenno Martignoni Polti). Sugli episodi della penetrazione che per l’accusa sarebbe avvenuta mentre la ragazza dormiva, per la difesa l’imputato credeva che la vittima fosse sveglia. «Vergognandosi di quanto accaduto la ragazza ha comprensibilmente detto che stava dormendo. O ha un sonno pesantissimo o dopo un po’ si sarebbe dovuta svegliare. Nulla impedisce di credere alla versione del mio cliente che soggettivamente credeva che fosse sveglia. O perlomeno in dubio pro reo». 

Quanto ai reati contenuti nell’atto d’accusa, la difesa non ritiene corretta e chiede di stralciare la qualifica di coazione sessuale ripetuta. «Non sono emersi atti di ribellione, tendenzialmente la ragazza rimaneva passiva. C’è stato il mezzo pugno dato dalla vittima all’imputato, ma non basta per configurare il reato. Non c’è stato l’atto coercitivo. La vittima è rimasta passiva» secondo l’avvocato Chiara Buzzi. La stessa dipendenza sociale ed emotiva della vittima (e della madre straniera) non basta inoltre secondo la difesa a configurare la coazione. La vittima «non era una bimba piccola, ma una ragazzina con un carattere forte e deciso. Quando ha voluto è stata in grado, per oltre un anno, di distanziarsi dal patrigno». 

In conclusione, quanto alla commisurazione della pena, l’avvocato parla di colpa «medio-grave. Ha sentito purtroppo una pulsione sessuale che non è riuscito a trattenere. Ciò non giustifica, ma spiega». Buzzi chiede una pena «corretta, ma ben inferiore a quella prospettata dal procuratore. L’ipotesi di una pena parzialmente sospesa ci può stare» e ricorda la «lieve-scemata responsabilità» riconosciuta all’imputato: «Non era in grado di resistere. Ma ci sono anche le attenuanti del sincero pentimento e della sua collaborazione». E sull’apatia dell’imputato in aula: «Ciò dipende dal fatto che è pieno di psicofarmaci». Il rischio di recidiva: «È basso, minimo e potrà essere ulteriormente abbassato con trattamento ambulatoriale».

Le ultime parole, di rito, all’imputato, che riferendosi alle attuali difficoltà della vittima ha detto che esse «accentuano il mio sentimento di vergogna e grande pentimento per quello che ho fatto». La sentenza è annunciata per domani pomeriggio.

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