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LUGANO«Mi chiese perché lo facessi. Le dissi perché le volevo bene»

04.09.19 - 17:11
Il processo affronta le motivazioni degli atti sessuali compiuti da un 60enne sulla figliastra minorenne. E in aula emergono gli abusi compiuti dall’uomo sul nipote negli anni ‘90
Keystone
«Mi chiese perché lo facessi. Le dissi perché le volevo bene»
Il processo affronta le motivazioni degli atti sessuali compiuti da un 60enne sulla figliastra minorenne. E in aula emergono gli abusi compiuti dall’uomo sul nipote negli anni ‘90

LUGANO - «La solleticavo sui fianchi, per gioco, per stuzzicarla» minimizza il 60enne a processo a Lugano per una lunga sfilza di atti sessuali nei confronti della figliastra minorenne. Continua la laboriosa ricostruzione delle attenzioni malsane e criminali che il ticinese riservava alla giovane: attenzioni che andavano dai toccamenti nelle parti intime della giovane, alla masturbazione vera e propria con le mani e con la bocca, fino alla congiunzione carnale completa, mentre la ragazza dormiva. Un lungo elenco di abusi protrattisi dal novembre 2016 all’agosto 2018.

La motivazione - La giudice Francesca Verda Chiocchetti chiede conto all’uomo delle motivazioni del primo atto sessuale nel novembre 2016: «Forse per curiosità. Ho forse confuso l’affetto che lei provava per me» ha detto durante l’inchiesta l’uomo. «A me piaceva che ci fosse una situazione di intimità tra di noi» conferma in aula.  «Alla fine del 2016 ho iniziato a provare attrazione sessuale per lei». Cosa le piaceva? «Era una bella ragazza. Era anche giocosa con me». 

L’attrazione malsana - Durante l’inchiesta l’imputato ha dichiarato che della minorenne gli piaceva la sua parte intima. «Con intima intendo i suoi organi sessuali» dice l’uomo alla giudice. Davanti alla moglie dava colpi di striscio il sedere delle due figliastre, gesti che la moglie disapprovava: «Mi pareva esagerata la sua preoccupazione. Erano gesti giocosi. La reazione delle ragazze dipendeva dai momenti. Ma spesso si arrabbiavano cercando di allontanarmi».

Un passato oscuro - A togliere il velo dal passato dell’uomo arriva una domanda del procuratore pubblico Nicola Respini. Sua moglie sapeva, gli chiede il magistrato, dei suoi trascorsi nel 1991/92 con suo nipote? «Non l’ho detto perché in parte li avevo dimenticati e in parte me ne vergognavo» risponde a proposito degli atti sessuali compiuti. La moglie sapeva solo che l’uomo era in cura per depressione. 

Perché lo fai? - Il tema degli atti sessuali, secondo l’imputato, è stato discusso solo una volta. «Avvenne la seconda volta che eravamo in camera sua. Quando mi aveva masturbato. Mi chiese perché lo facessi? Le risposi perché le volevo bene e non ha più detto niente». Su questo aspetto l’avvocato Marco Masoni, accusatore privato, puntualizza: «La ragazza non ha mai detto di averle fatto determinate cose». In corso d’inchiesta la ragazza ha però negato di aver praticato atti di masturbazione al patrigno.

L’imputato appare confuso - Ma sugli atti della ragazza l’imputato insiste: «Piuttosto che essere toccata da me era lei la persona attiva». Ma lei si rendeva conto, lo incalza la giudice, che per la giovane questi atti erano una cosa che non le piaceva? «Io non mi rendevo conto. Oggi dico che è normale che una ragazza minorenne si vergognasse di questi atti con un 60enne» risponde l’uomo. Che differenza c’è, a livello di vergogna, tra l’essere stata attiva o passiva, viene chiesto all’uomo. L’uomo impiega lungo tempo a rispondere. Interviene il difensore. Riprende a parlare l’imputato: «Essere passiva significa che ha subito gli atti. Attiva che ha partecipato». 

La paura - Aveva paura che potesse riferire degli atti sessuali a qualcuno? «No, non mi rendevo conto di questo rischio». Perché?, gli chiede la giudice: «Non so spiegarlo». Ma durante l’inchiesta l’uomo ha dichiarato che questa paura esisteva, come pure quella di «rovinare qualcosa di importante». Oggi in aula sostiene di non ricordare tali dichiarazioni.  «Non le ho mai detto però di non dire a nessuno degli atti sessuali». La giudice chiede all’imputato se credeva che gli atti sessuali piacessero alla vittima. «Emotivamente no, perché non c’era nessun legame forte tra noi due - risponde l’uomo -. In certe occasioni, fisicamente credo di sì. Quando raggiungeva l’orgasmo»

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