Nel processo per il cedimento nel tunnel del San Salvatore, la procuratrice Chiara Borelli chiede la condanna degli imputati a pene pecuniarie, sospese
LUGANO - «Per tutti è più tranquillizzante pensare che si sia trattato di una fatalità, ma la causa del cedimento è chiara». Così la procuratrice pubblica Chiara Borelli, che ha chiesto pene pecuniarie sospese (fino a 180 aliquote) nei confronti dei quattro ingegneri a processo alle Correzionali per il crollo di calcestruzzo che si è verificato l’8 giugno 2017 all’interno galleria autostradale del San Salvatore. Per l’accusa gli imputati sono da riconoscere colpevoli di franamento, violazione delle regole dell’arte edilizia e perturbamento della circolazione pubblica (tutti i reati per negligenza).
Nella sua requisitoria Borelli ha dunque parlato dell’intervento di impermeabilizzazione della galleria: un lavoro che, attraverso l’iniezione di idrogel, ha portato a un aumento della pressione dell’acqua presente nella roccia. Da qui la decisione, lo ha ricordato, di realizzare dei fori di drenaggio, che però su richiesta dell’impresa sono stati effettuati più piccoli del previsto. E che lungo trecento metri di galleria erano inoltre assenti.
A mente dell’accusa c’è inoltre stata una mancanza di sorveglianza, e anche di comunicazione tra chi progettava e chi doveva controllare l’esecuzione degli interventi. I quattro, che oggi si trovano davanti a una Corte presieduta dal giudice Mauro Ermani, avrebbero disatteso i loro ruoli. Per il più giovane, a cui uno degli ingegneri più anziani aveva delegato vari compiti, parla poi di inesperienza con un cantiere di tali dimensioni.
Al termine del suo intervento, la procuratrice Borelli si è rivolta agli imputati ribandendo: «Nel corso di questa inchiesta non ho mai messo in dubbio la vostra professionalità».
«Quei fori erano indispensabili» - «Per quel risanamento è stato speso più del previsto, dai 50 milioni di franchi preventivati si è arrivati a 80 milioni». È così che ha preso la parola l’avvocato Luigi Mattei, rappresentante dell’accusatore privato, l’Ufficio federale delle strade (USTRA). «Un aumento significativo - ha sottolineato - che dimostra in modo inequivocabile l’impegno di USTRA per garantire interventi in regola». E ha aggiunto che dopo i lavori, alla committenza è stato consegnato un documento che riportava lavori non effettuati, cioè quei fori di drenaggio mancanti. «L’intervento andava pianificato, eseguito e controllato in modo diverso. I fori di drenaggio erano indispensabili» ha concluso Mattei. Da parte dell’accusatore privato è stata avanzata una pretesa di risarcimento.
Domani alle 9 la parola passerà ai difensori, avvocati Carlo Borradori, Felice Dafond, Luca Marcellini e Fulvio Pelli.